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102 IL BUON CUORE


naggio Lombardo, la Direzione indisse un banchetto di chiusura, di oltre ottanta coperti, al Grand Hôtel Minerva.

Pochi minuti prima delle 19 giunsero, accolti all’ingresso dell’albergo da valletti con le torce accese, gli E.mi Cardinali Ferrari, Arcivescovo di Milano, ed Agliardi, Cancelliere di S. R. C., il quale, come lombardo, ha voluto onorare di sua presenza il banchetto de’ suoi conterranei. Ai due Eminentissimi Principi facevano degna corona l’Ill.mo e R.mo. Mons. Bignami, Arcivescovo di Siracusa, Mons. Caccia-Dominioni, Cameriere Segreto Partecipante dí Sua Santità, i R.mi Monsignori Caroli, Rettore del Collegio Lombardo, e Rota, i Monsignori Balconi; Ratti e Confalonieri, e altre notabilità del Clero milanese; il marchese Ermes Visconti, il conte Annoni, il conte Parravicini, la marchesa Fassati, il dott. Maza e famiglia, le signore Vaghi, Crovato, Biffi e altre ed altre distinte signore e signorine.

Alla fine del banchetto, servito con signorile gusto e inappuntabilità perfetta, ha parlato per il primo l’E.mo Cardinale Agliardi, al quale hanno risposto l’E.mo Ferrari, Mons. Bignami, e per l’ultimo Mons. Balconi, Arciprete del Duomo di Milano.

Nei discorsi dei due Eminentissimi Principi e in quelli dell’Ill. e R.mo Mons. Bignami e di Mons. Balconi ha vibrato schietta, viva, profonda la nota della papalità e della romanità. Dai ricordi dell’anno Costantiniano onde, per l’editto di libertà, Milano è unita gloriosamente a Roma, hanno gli Eminentissimi Princìpi e gli illustri oratori, tratto ragione del loro felicissimo e applauditissimo dire.

Il Cardinale Agliardi richiamò il motto d’Ambrogio: Ubi Petrus, ibi Ecclesia, sotto uno scroscio di applausi significantissimi. Lo stesso concetto ribadì il Cardinale Ferrari, la cui romanità è una verità indiscussa ed indiscutibile. Quanto a Mons. Bignami, ogni sua espressione — spesso pittoresca — tradiva un triplice affetto, a Roma Caput Mundi, a Milano patria d’origine dimenticata mai, a Siracusa, di cui è divenuto zelante pastore. E i tre discorsi non ne formarono che uno, non espressero che un concetto solo, vale a dire il vincolo strettissimo che stringe i- cattolici di Milano e della Lombardia in ispecie al Padre comune di tutti i fedeli. I milanesi sono fieri della loro milanesità (l’espressione è di Mons. Bignami), ma quando trattasi della cattedra di Pietro pongono ogni loro fierezza nell’attaccamento incondizionato a questa ultima. Parlando a San Carlo al corso, il Cardinale Ferrari espresse lo stesso concetto, quando accennò al cuore di San Carlo lasciato per testamento a Roma. Milano non se ne adonta; se il cuore di San Carlo fosse stato lasciato a qualsiasi altra città, i milanesi avrebbero avuto motivo di dolersene; ma trattandosi di Roma, viene a mancare la ragione per qualsiasi lamento per tutte le ragioni che furono eloquentemente esposte durante il periodo del pellegrinaggio.

Sul levare delle mense, accolto da grandi applausi, è giunto S. E. R.ma il Cardinale Bisleti, il quale, festeggiato dagli Eminentissimi Colleghi e ossequiato da tutti i presenti, si è trattenuto sino alla fine della lieta riunione.

L’esito felice della quale è merito degli instancabili Reverendissimi Direttori che come organizzarono con precisione e ordine perfetto ogni cosa del pellegrinaggio, così seppero con signorile cortesia disporre e ordinare la lieta riunione del Grand’Hôtel Minerva.

Il giorno 22 fu il giorno della partenza, e i Pellegrini celebrarono il mattino una bella funzione di commiato nella Chiesa del S. Cuore in Castro Pretorio.

L’E.mo Cardinale Ferrari arrivava, accolto al portone della Chiesa dai R.mi Padri Salesiani, alle ore otto. Dopo un caldo fervorino traboccante d’affetto e di gratitudine al Signore per la buona riuscita del pellegrinaggio ed eccitante gli animi ad un solenne tributo d’omaggio al S. Cuore nel suo maestoso tempio, eretto nella capitale della Cristianità quale omaggio di tutto il mondo cattolico, celebrò il S. Sacrificio, durante il quale quasi tutti i pellegrini si accostarono alla S. Comunione, preparati da un apposito fervorino di Mons. Balconi.

La commovente funzione fu chiusa dal canto dell’Inno Ambrosiano. Quindi i Superiori e gli alunni dell’Istituto facevano festosa accoglienza a S. Eminenza ed ai cari ospiti, ricevendoli in cortile al suono della banda, mentre gli alunni interni ed esterni schierati presentavano il saluto lungo il porticato echeggiante di lieti evviva. Evidente era la commozione dei pellegrini per un simile spettacolo di cordiale spontaneità, e dimostrarono la loro soddisfazione ed ammirazione al direttore D. Tomassetti, ed ai Superiori Salesiani.

Ed ora un breve giudizio sul significato di questo insigne pellegrinaggio. Esso volle dire fede, attaccamento, amore alla cattedra di Pietro; volle cementare più strettamente i vincoli indissolubili tra Roma e Milano, e porre la nostra città alla testa dei festeggiamenti Costantiniani. Sotto questo ultimo aspetto il pellegrinaggio ha un significato che trascende le aspirazioni di coloro stessi che l’avevano promosso, ed è come l’inizio di un affiatamento più stretto fra i popoli credenti che accorrono sulle sponde del Tevere e il Padre Comune che accogliendoli rivolge loro il monito scaturiente dalla celebrazione dell’editto di Milano nell’età nostra.

Il successo però del Pellegrinaggio Lombardo non esonera affatto dal compito di pfepararne altri; e l’invito venne dal Pontefice stesso.

Le congratulazioni che da ogni parte piovono all’Onorevole Direzione per la splendida riuscita del Pellegrinaggio condotto veramente cum ordine pondere et mensura, la devono insegnare a fare nel corso e nella chiusura delle feste Costantiniane, ciò che compì ora semplicemente come «preludio».

Un pellegrino.

PENSIERI


L’amore resta nel cuore di chi lo dona, e diviene tanto più grande quanto più se ne dispensa agli altri!