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106 IL BUON CUORE


CASA DI RIPOSO PEI CIECHI VECCHI

OBLAZIONI.

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Educazione ed Istruzione


Sulla via delle anticipazioni....

Chiavenna, 24 marzo.

Quando si incomincia con una fortuna anticipata, si può aspettarne delle altre. Oggi, agli sgoccioli della Quaresima, contrariamente alle costumanze del Milanese, mi venne offerto lo spettacolo della solenne prima Comunione dei ragazzi. Francamente ero scettico sulla riuscita, almeno dal lato imponenza, signorilità, finitezza squisita come si vede da noi. Ma ho dovuto ricredermi subito. Quei trecento comunicandi, tutti raggianti di gioia, lindi, leggiadri come stelle, schierati per il lungo dell’ampia magnifica Collegiata di S. Lorenzo, presentavano un colpo d’occhio semplicemente magnifico anche per la serietà, compostezza, disciplina insperata. E per tutta la giornata quei frugolini si incontravano di qua, di là, ovunque a folleggiare, a mettere una nota di festa, un senso di sollievo, di piacere, un’onda purificatrice; a suscitare ricordi lontani che perdeansi in un sospiro subito represso, ma pieno di soave, acuta mestizia. Preso così a tradimento, così fuor di tempo, e così scettico, ne fui impressionatissimo. Forse mai mi vidi forzato mio malgrado a pensare io pure.

Ritrovavo la prima Comunione del mio bel S. Ambrogio, ma delle emozioni più intense; l’istessa grandiosità di preparativi e di riti e di commossi spettatori in gran parte mamme o sorelle dei comunicandi — l’occhio arrossato, brillante di lacrime furtive ma imperiose e dolci quant’altre mai.

Questo avvenimento, per la sua splendida riuscita, diciamo così, anche estetica, ha finito di riconciliarmi colla privazione così prolungata della mia Milano. Riuscita dovuta in bella parte — è giustizia riconoscerlo — anche a quell’inestimabile gruppo di Suore della Croce che, durante i tre giorni di spirituali esercizii, il giorno delle Confessioni e il giorno della Comunione hanno prestato un eccellente servizio di assistenza. Tutti avranno notato e apprezzato come me la loro prestazione, assurgendo ad un augurio che possano allargare la loro sfera d’azione, la loro influenza, il loro prestigio. Quanto di guadagnato, specialmente per la gioventù femminile: tra cui quelle Suore sarebbero in grado di esercitare il più nobile apostolato!



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STORIA ed ARTE

nella Campania e nell’Abruzzo

La piccola ma ridente città di Sessa Aurunca, la patria di Caio Lucilio, di Taddeo da Sessa e Agostino Nifo, dev’essere assai grata al suo vescovo monsignor Giovanni Maria Diamare, poichè questi ha messo in valore gli importanti monumenti esistenti colà, ha provveduto e provvede, nel miglior modo che gli sia possibile, alla migliore conservazione del ricco e cospicuo patrimonio artistico di quel paese, e sopratutto perchè ha dato alla luce una preziosa opera dal titolo: «Memorie storico-critiche della chiesa di Sessa Aurunca» (2 volumi, Napoli, tipografia Artigianelli). Nella prima parte, riguardante la chiesa di Sessa e i suoi vescovi, l’A. ha trattato l’argomento propostosi con serenità di storico e con acume di critica, e di ciò gli sia lode. Egli ha investigato antiche memorie, documenti e tradizioni per affermare quello che non è noto o obliato, o almeno tenuto ancora avvolto nella caligine dei secoli scorsi. Pregio particolare del lavoro è di aver accertato, confutando gli errori di diversi storici, che il primo vescovo di Sessa fu S. Casto, martirizzato nel 292. Altro pregio è di aver dimostrata l’esistenza di Sinuessa, negata dal celebre storico Natale Alessandro, e di aver mostrato chiaramente che Sessa e Sinuessa erano due distinte città, l’una più importante dell’altra.

La seconda parte dell’opera tratta della Cattedrale e delle altre chiese di Sessa e può considerarsi come una guida dei monumenti sacri di quella cittadina. La magnifica cattedrale con i suoi cospicui monumenti, tra i quali eccellono il pergamo, il candelabro del cereo e una pila dell’acqua lustrale, è da lui illustrata dottamente. A buon diritto il nostro A. deplora l’abbandono in cui trovasi il tempio monumentale, il quale dovrebbe tornare all’antica sua nudità e bellezza. Con quell’amore gagliardo ed indomito che sentiamo per i monumenti della nostra provincia, per quel culto profondo che abbiamo per la storia e per l’arte del nostro paese, noi uniamo la nostra modesta voce a quella autorevole del Diamare e di tanti valentuomini, affinchè, chiuso una buona volta il periodo delle verifiche e delle ispezioni, si ponga mano all’opera di restaurazione e di ripristino.

Nel secondo volume del Diamare abbiamo notato un interessantissimo capitolo, riflettente un artistico pregevolissimo dipinto su tavola, un trittico del 1500, che si conserva nel Museo Campano ed è oggetto di frequenti discussioni.

L’A. si occupa di questo quadro perchè apparteneva al Monastero di Sant’Anna in Sessa. Dopo averlo descritto, egli si ferma su due punti intorno ai quali vi è gran divergenza, come egli dice, tra il Salazaro ed il Venturi. Anzitutto noi sentiamo il dovere di rettificare un’inesattezza, in cui è incorso il Diamare. Non è il Venturi che si occupò del noto dipinto confutando in due punti le opinioni del Salazaro, ma Gino Fogolari e precisamente nell’opera citata dall’autore, intito-