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IL BUON CUORE 149


che il Bahr bela-ma, il mare senz’acqua, come gli arabi chiamano il Sàhara, si abbella di isole che spesseggiano fra la riva sinistra del Nilo e la Tripolitania. Rohlfs, le chiama oasi della Sirti, come a dire, arcipelago del deserto. La più importante è Koufera o Kufra. Dista dal golfo delle Sirti 600 km. e 1000 dal Nilo. È davvero un arcipelago. Comprende cinque isole — pardon, cinque oasi — che la sabbia separa. Buzafna e Kebabo sono le più famose. Buzaina è assolutamente un’Isola bella (per quanto il Sàhara non sia il glauco Verbano). Misura 313 km. quadrati; ha montagne, laghi e palmizi. La sua è un razza a sè. Vegetazione ricchissima. A sud-est si eleva Kebabo. E’ la più grande (misura 8793 km. quadrati). Ha una popolazione permanente: vantaggio, senza dubbio, grandissimo. Capitale di Kebabo è Suya-el-Istal, la Mecca, il focolare religioso degli Snussi o, come dicono i giornali europei, Senussi. La capitale è degna di questo nome. Cinta di mura, la fortificano; una moschea di pietre le dà l’aspetto di una città europea. Il clima di Kebabo permette avere la flora subtropicale e quella del bacino mediterraneo. Una catena di montagne attraversa l’oasi. Alle falde di queste i Senussi hanno piantato giardini. Si direbbe che essi lavorano per un domani cui pure non sognano. Perchè Kufra non potrebbe, un giorno, essere una stazione di transito di prim’ordine? Dal Mediterraneo al Nilo (ouadi Holba) vi sono 1500 km. Kufra è a metà, a circa 700 km. dal Mare Nostro. I missionari francescani del secolo XVII scorsero questo deserto, visitarono queste oasi insieme a quelle di Fezzan e di Bornò. Vi transitarono, talora, per portarsi a Tripoli. Venivano dal sud. Non deve esser lontano il giorno in cui altri missionari vadano a rintracciare le vestigia dei valorosi.

Le volubili dune

Ed ora veniamo alle Dune. L’azione dinamica dell’atmosfera è molteplice. Suoi sono i fenomeni di erosione e di trasporto che in certi punti, concorrono ad aumentare lo spessore della scorza terrestre e ad accentuarne il rilievo di una maniera sensibilissima, accumulando i prodotti che essa ha trasportato. Questi rilievi si chiamano Dune. Esse sono meravigliose e si formano per la fine sabbia prodotta dalle disgregazioni delle roccie di squarzo spinte dal vento sopra il piano. Se nulla impedisce la sua marcia continuerebbe a camminare fino a tanto che non venisse ad accumularsi in una depressione. Ma per quanto piana sia una superficie desertica, esistono sempre delle ineguaglianze, che arrestano in certi punti il movimento della sabbia. Ciascuno di questi ostacoli diventa così l’origine di un piccolo monticello capace di trasformarsi poi in una Duna.

Le Dune sono composte d’una sabbia quarzese e formano talora delle file di monticelli da 50 a 100 metri di altezza. Nè identico, nè sempre uguale è l’ordine delle dune. All’est la loro direzione dominante è da N. N. O. a S. S. S.; all’ovest da N. al S. Qualunque sia la loro direzione le dune desertiche sono suscettibili di movimento come le dune del mare e come queste sono talora stratificate.

Là dove le dune spesseggiano, il Sàhara prende l’aspetto di un labirinto. Sarebbe fatale staccarsi dalla carovana e perdersi in mezzo alle dune. Ma lo spettacolo che offrono è uno dei più caratteristici. E lo spettacolo cresce in bellezza se montato una cima elevata di duna il viaggiatore volge intorno lo sguardo. Le dune che lo circondano da tutte le parti somigliano alle onde del mare, elevandosi le une dietro le altre, quasi fuggendo sino ai limiti dall’orizzonte. E’ come un mare di sabbia sollevato da un vento tutto ad un tratto, fatto impetuoso.

Esclusivamente quarzosi i grani delle dune sono tondi e puliti, individualmente ialini o leggermente coloriti in giallo rossastro per le traccie d’ossido di ferro, prendono in massa una tinta d’oro smorto, magnifica sotto il sole del Sàhara. Non dimenticherò mai lo spettacolo, che mi offrì il deserto contemplato in un crepuscolo dell’alto delle roccie del Kolzim. Oltre al gaudio che procura un panorama bello di bellezze strane, ebbi quello, intellettuale, di cogliere, come una sintesi scolastica, tutti i caratteri topografici del Sàhara, con le loro particolarità. Le montagne, le oasi, le steppe, le dune. La sera orientale era caduta, il silenzio avvolgeva la pianura morta. Laggiù lontano, alla mia destra, qualche cosa, solenne e calma si muoveva: il mar Rosso.

Le vene misteriose

Ed ora veniamo ad un fatto certo nella sua esistenza, misterioso nella sua origine, voglio dire le acque sotterranee.

Che il Sàhara abbia acqua e in molti punti abbondante, è un fatto di cui non si può dubitare. Esso è importantissimo come fenomeno, che la scienza deve studiare, e come causa, che andrà lentamente, ma assiduamente, modificando la storia del paese, cui senza dubbio, si prepara un avvenire migliore ad ogni punto di vista.

Nelle lunghe ore di marcia attraverso le interminabili ouadi del deserto a bordo dell’analoga e provvidenziale nave, il cammello, talora regna, nella carovana, l’allegria la più schietta e chiassosa. Allora è un brio di vita, che pervade tutti. Sono gioconde risate che trillano nel silenzio immenso, ma talora tutta la carovana procede silenziosa. La diresti un convoglio funebre. Allora nel silenzio non odi che lo scricchiolare della sabbia salina sotto il calloso e vasto piede del cammello e lo schioppettio dell’acqua, che il beccheggiar dell’animale tormenta, ostinatamente, negli otri, che pendono ai suoi fianchi. Quel doloroso mormorio dell’acqua e il dondolio della gulletta di Kene, che pende dalla orribile sella a portata di mano, richiamano alla realtà delle cose. Siamo nel deserto e da vari giorni, e ci staremo ancora, e ancora, perchè qui da per tutto è deserto. Ma perchè portare l’acqua se il deserto ne possiede? Ecco, l’acqua c’è: ma non si vede, almeno non sempre si vede, e quella che si vede non è la migliore. Anzi non è, d’ordinario, da beversi sicuramente, non ostante le sterilizzazioni benefiche dell’azione solare.

Stoppani con frase felice chiama il Sàhara un mo-