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IL BUON CUORE 215


Per rispondere a tale quesito è necessario premettere alcune considerazioni da tenersi presenti, ed alcuni criteri direttivi cui a nostro parere ci si deve informare per l’azione da svolgersi, in linea generale, di fronte al problema della colonizzazione italiana nei paesi transoceanici.

Prima di tutto noi richiamiamo il criterio fondamentale, che più volte abbiamo enunciato, che cioè la miglior soluzione può solo trovarsi avendo riguardo, oltrecchè all’interesse dei singoli, a quello più alto della nazione.

Quindi tenendo conto delle mutate condizioni del paese, si deve affermare che è interesse dell’Italia di ridurre al minimo possibile l’emigrazione verso terre straniere, e di tenere in patria ed in colonie di diretto dominio il maggior numero di cittadini, di cui abbisognano ogni dì più le nostre crescenti industrie, ed il cui lavoro sarà fra breve prezioso nelle nuove terre mediterranee.

Peraltro si deve considerare che diversi milioni di connazionali sono oramai stabiliti all’estero, e che d’altra parte il nostro poderoso movimento emigratorio non potrà estinguersi d’un tratto e nemmeno entro breve termine, perchè le nostre colonie di dominio diretto richiedono preparazione assai lunga prima di poter ricevere masse considerevoli di emingranti, e poichè troppi sono i vincoli strettissimi e gli interessi che ci collegano alle colonie di centinaia e centinaia di migliaia dei nostri connazionali già emigrati.

Di questa parte di emigranti con carattere permanente, a differenza dì alcuni che li considerano come perduti per la patria, crediamo sia sommamente importante per l’Italia di interessarsi vivamente, poichè è certo che se questi spiegassero il loro lavoro e le loro energie nel modo più conforme, non solo agli interessi loro privati, ma insieme con quelli, anche gli interessi della madre patria, potrebbero all’Italia recar vantaggi morali, economici e politici di indiscutibile valore.

Tale interessamento deve spiegarsi, come già altre volte abbiamo sostenuto, con l’avviare i medesimi in modo sicuro alla colonizzazione, per mezzo di progetti ed imprese serie, o con qualsiasi mezzo che valga ad indennizzarli nei luoghi più convenienti.

In vista del fatto che codesta emigrazione permanente, che fu per l’addietro numerosissima, va ora notevolmente diminuendo, ed è prevedibile che in un tempo non lontano si estinguerà, tanto più s’impone di provvedere alla sua utile distribuzione, specialmente se imprese sorgenti con capitale italiano non agiscano su di essa come invito a formare nuovi nuclei coloniali omogenei: poichè, mentre se abbandonata a se, date le sue modeste proporzioni numeriche, andrà facilmente incontro alla completa dispersione ed all’assorbimento, può invece, se saggiamente diretta e consigliata, costituire quell’elemento prezioso che è necessario pel consolidamento dello spirito nazionale e pel progresso di certi nuclei coloniali italiani già esistenti: e si noti che a tal compito possono ora assai bene rispondere gli emigranti nostri, indubbiamente più evoluti ed istruiti di quelli che lasciavano l’Italia negli anni addietro.

Tali, a parer nostro, sono i criteri che debbono in questo momento inspirare la nostra politica in fatto di colonizzazione.

Ora, dopo ciò che abbiamo detto delle condizioni di fatto delle regioni del Sud della Repubblica Argentina e della colonizzazione che vi si sta iniziando, possiamo dire che esse rispondano ai criteri ed agli scopi suaccennati, e che convenga favorire lo stabilirsi dei nostri emigrati colà? Noi crediamo di dover rispondere negativamente.

E la ragione ne è evidente. Se una corrente di emigranti italiani si aviasse presto senz’altro al Rio Negro, date le condizioni attuali della sua economia agricola, nessun’altra sorte potrebbe avere se non lo sparpagliamento dei singoli lavoratori, assoldati come peones nelle chacras appartenenti a proprietari di altre nazionalità; il che significherebbe la forma più pronta di snazionalizzazione che possa immaginarsi. Ciò tanto più in quanto che è prevedibile che non sarebbe possibile neppure, date le proporzioni della nostra emigrazione permanente, una corrente così numerosa da formare essa una collettività considerevole; e nell’ambiente cosmopolita che colà si va formando, rari sono, e probabilmente saranno, i proprietari italiani. Il fenomeno che abbiamo accennato, dell’accaparramento preventivo dei terreni per parte di speculatori, e della conseguente carezza dei prezzi dei medesimi, inaccessibili ai modesti risparmi di cui i nostri lavoratori possono disporre dopo qualche anno di lavoro, renderebbe alla maggioranza di essi difficilissimo l’acquisto della proprietà, costringendogli permanentemente nella precaria posizione di salariati o di mezzadri.

Se tale condizione essi dovessero trovare in quelle terre Patagoniche, sarebbe preferibile, per essi e per l’Italia, che come salariati o mezzadri si stabilissero in altre provincie della Repubblica, dove esistono già collettività italiane numerose, alle quali essi contribuirebbero a portare maggior saldezza, e presso le quali sarebbe loro più facile trovare quegli aiuti e quelle agevolezze che si trovano presso i connazionali, e sarebbe loro più facile di continuare le tradizioni avite e le relazioni colla madre patria.

(Continua).

Ranieri Venerosi.



L'ARTE

è grande e divina per questo. S’ama tutta la vita perchè non appaga mai pienamente, e sono quasi sovrumane le gioie ch’ella dà perchè sono frutto e ci compensano d’infiniti sforzi e amarezze. E tu, se sei chiamato all’arte, va incontro alla lotta nobilissima con l’anima serena e piena di fede. Ti sorrida o no la vittoria, sarai contento d’aver combattuto. Se non salirà in alto il tuo nome salirà il tuo spirito, e per questo solo benefizio che dall’arte avrai ricevuto, anche nella tristezza d’una nobile ambizione delusa, tu l’amerai ancora come un’amica dolcissima, la benedirai sempre come una consolatrice celeste.