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220 IL BUON CUORE


duta, e far sentire le parole che Egli disse, in chiamarla, poichè sono tutte parole di perdono e di misericordia, di riabilitazione e di divina amicizia, a prova delle quali Egli recava dei fatti pieni di forza e di tenerezza impareggiabili, che terminavano col definirlo l’unico cuore capace di ricevere sopra di sè, le anime spezzate da un grande dolore, umiliate dalle loro debolezze e dalle loro vergogne, desiderose di respirare finalmente ancora la pace e gustare ancora il più degno amore che possa accendere un cuore, l’amore verace alla virtù.

«Dal fondo di questa via di Misericordia, fu veduta venire incontro a Gesù, la Penitenza creata e sorretta da Lui, vivificata dal suo Amore, dopo di aver compiuto la distruzione completa, inesorabile, di tutta la mondanità che le aveva contestato il cammino, come se tutta la viva storia di un indegno passato, fosse stata incendiata da un immenso fuoco, suscitato da un primo carbone di amore divino; e da quelle ceneri fu visto rinascere un cuore che la Penitenza si portò via con sè, un cuore fatto di purità elettissima, di grandezze, di delicate donazioni. Esso sarebbe parso venire tutto dal Cielo e per nulla dalle ceneri da cui era stato tratto, se dell’antico non avesse conservata una rimembranza incancellabile, per un suo tremare sempre di dolore cantando l’inno del divino amore, un gemere costante di lagrime da una ferita rimasta per sempre aperta.

«È da quella ferita, che ho raccolto come da un labbro sacro, queste parole: Io sono un cuore perdonato, che piango sempre e, piangendo, castamente, profondamente amo e adoro il Figlio di Dio fatto uomo, Divina Misericordia incarnata, che mi ha salvato, e dal mio bacio sopra i suoi piedi, mi ha elevato fino alle sublimi confidenze della divina amicizia, per amarmi e farsi amare da me, come giammai ho provato l’amore.

«Ecco ciò che si dice in queste note.

«Ci sono certe anime addolorate per antiche memorie di falli e umiliate in mezzo a tutta la stima di cui le copre il mondo, ignaro del loro passato; altre apparentemente festose, ma per chi le ascolta bene, con in fondo alla voce un singhiozzo sconsolato per la insazietà di tutte le provate vanità della terra; altre ancora, pure come angeli sebbene non inconscie della vita, ma tentate sempre, incantate quasi, da sirene venienti da tutti i mari; e finalmente alcune per la loro calma senza rimorsi, per la loro virtù senza agitazioni, per il loro senno, scelte da Dio a mettere pace e a far cantare i trionfi della Divina Misericordia nei cuori.

«Ecco perchè osai ordinare queste note e farne un volume, che depongo come sui gradini del suo naturale altare, sulla soglia di ogni casa dove stanno queste anime e quelle che loro somigliano. I pentiti vi leggano come Gesù benedetto li capisca e li voglia convertiti e santi, i tentati si arrestino dinanzi alla immensa sciagura a cui li invita la colpa, e la mano innocente e tranquilla, si stenda in una più grande pietà, in una inesauribile carità verso i vinti nella lotta della virtù, per sollevarli, a imitazione del loro dolce Signore, che ha voluto legare alla propria, la storia della Maddalena, per assicurare il mondo della verità di queste sue
parole: «Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
Milano - Basilica di S. Stefano
Gennaio - L’onomastico di Nostro Signore - 1912.

A questa bella pagina dell’egregio Autore, aggiungiamo la conclusione di una notevole recensione dovuta alla penna dell’amico nostro don Angelo Novelli:

«Il soggetto assunto, come ognuno può agevolmente pensarlo, è irto di difficoltà perchè come rendere con linguaggio umano le intime meraviglie di un cuore nell’ora in cui il mistero della grazia divina lo lavora dentro? L’autore ha presentito le difficoltà e le ha superate felicemente con un amore diligente al suo tema e con uno studio assiduo delle fonti evangeliche e dei più autorevoli commentatori: e l’uno e l’altro si rivelano in ogni pagina nella forma eletta e nel contenuto. Egli ama trascorrendo nel commentare qua e là le soste pensose e l’ampia volata lirica, che vi trasporta per i cieli azzurri del misticismo sano, ma, se osservate bene, non vagola a capriccio, ha l’occhio al suo punto di partenza inciso dalla lettera del testo sacro ed al suo punto di arrivo in una dottrina sicura e bella. Anche là dove la commozione del sentimento gli fa levare l’accento, ed avresti il dubbio ch’egli si abbandoni nell’immaginare ad inseguire forme di bellezza vaghe e peregrine che l’entusiasmo crea nella sua anima sensibilissima, è facile persuadersi invece a quale dura disciplina egli abbia sottoposta la frase sgorgatagli improvvisa dall’anima e con quanta onestà egli abbia voluto sempre armonizzare il suo al pensiero autorevole dei grandi maestri. Il componimento suo per questo appunto ha una freschezza di originalità personale e virtù emotiva ed insieme quella veneranda austerità, che possiedono le dottrine antiche».


In memoria della Nobildonna

TERESA LANDRIANI

Un lungo corteo di distinte signore e di amici della famiglia, accompagnava, martedì mattina, al Cimitero Monumentale, dopo le solenni esequie nella prepositurale di S. Giorgio, la salma della compianta nobildonna Teresa Landriani.

Fra i numerosi congiunti, oltre ai nipoti comm. nobile Labus, avv. Giovanni Labus, dott. Allocchio, ecc., quasi ad attestare una spirituale parentela di amici±ia e di memorie affettuose, si notavano il Rev. Monsignor Polvara e i due più anziani redattori della Perseveranza, amici cari al dott. Carlo Landriani: i colleghi prof. cav. Riva e comm. Lanzi, ai quali si aggiunse l’attuale direttore cav. avv. Attilio Fontana.

Il carro, ornato di bellissime corone, era preceduto, oltrechè da numeroso Clero, dalle rappresentanze di parecchie Istituzioni ricordate in morte dalla compianta nobildonna, fra le quali notiamo l’Istituto dei Sordomuti poveri di campagna, l’Istituto dei Deficienti, la