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30 IL BUON CUORE


di essi si sarebbero potuti evitare, e che un andamento normale si sarebbe subito potuto avviare con una graduale introduzione di coloni, evitando il farraginoso invio di un grande numero di famiglie. E’ il primo insegnamento che dobbiamo trarre: per qualunque impresa di colonizzazione non devesi permettere l’arruolamento di un numero grande di famiglie: queste dovrebbero essere limitate a venti o venticinque al più. Occorre poi insistere sull’uniformità di condizioni professionali e sulla comunanza d’origine dei coloni. Infatti, prescindendo dagli elementi torbidi, che anche in piccolo numero riuscirebbero a insinuarsi tra i coloni, occorre limitare l’arruolamento ai soli agricoltori. Come giustamente osserva il dott. Lomonaco, è un’avvertenza questa che può parer superflua, ma che assai spesso è dimenticata, poichè sovente ci si fida delle asserzioni degli operai e dartigiani stessi che, oltre al loro mestiere, dicono di sapere coltivare anche la terra. Solamente i contadini, avendo in pratica la lavorazione delle terre, sanno aspettare i risultati delle loro fatiche: saggia pazienza che, se è necessaria dappertutto, lo è in special modo nelle terre coloniali da dissodare e coltivare per la prima volta. La comunanza d’origine poi, supponendo identità di abitudini e di linguaggio, è di sprone e di conforto nelle inevitabili difficoltà dei primi anni. Questa vicendevole simpatia che nasce dalla comunanza suddetta, facilitò anzi assai P.assegnazione dei lotti ai coloni della prima spedizione di Nuova Italia: quantunque la sorte e non il favore abbia presieduto alla divisione dei terreni tra essi, non fu tuttavia un sorteggio fatto in ragione del numero.delle f amiglie, ma in ragione di diversi gruppi di esse, perchè parecchie famiglie già avevano dimostrato il desiderio di rimaner vicine. I coloni appartenenti al gruppo e che desideravano continuare anche nella nuova terra i buoni rapporti stretti in Italia, avrebbero poi a loro volta sorteggiato per ciascuno il proprio lotto. L’incertezza dei primi tempi da parte dell’impresa va però anche riferita al fatto che, nelle concessioni delle terre fatte ad essa dal Governo, non si era previamente tenuto esatto conto dei diritti delle persone che avevano precedentemente occupato il terreno, le quali costituirono un focolare di malcontento e furono non ultima causa della secessione di una parte dei coloni. Ora, per ovviare a questi inconvenienti, oltre al far tesoro degli ammaestramenti suaccennati, occorrerebbe che coloro cui stanno a cuore le condizioni dei nostri coloni,, si rendessero conto delle reali condizioni dei luoghi da colonizzare prima che le famiglie per essi arruolate partano dall’Italia. Il. R. Commissariato dell’emigrazione attuò la sua efficace opera di assistenza degli, emigranti col far accompagnare due volte, nei primi mesi del 1904 e del 1905, i nostri coloni al Cile, e l’opera intelligente del dottor Lomonaco fu da tutti apprezzata; ma gli inconvenienti detti sopra non avrebbero avuto luogo

se il commissario governativo fosse stato inviato in precedenza ad accertare de visu le condizioni dei terreni ed avesse così procurato la risoluzione delle controversie che resero poi agitata nei primi tempi la vita della. colonia. Comunque, è ben noto a noi che conosciamo la vita di altre nostre colonie in paesi transoceani come il primo periodo d’installazione coloniale è un periodo di privazioni e di disagi e che solo in seguito può venire, col lavoro e coll’abile direzione, il benessere e la ricchezza.

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Ricercando ora quali vantaggi presenterebbe la colonizzazione del Cile, fatta da elementi italiani su più vasta scala, a noi parrebbe di poter rintracciare, dai vari saggi finora avutisi e dalle fonti private di notizie, parecchie favorevoli condizioni. Il solo grande impedimento sarebbe il numero limitato delle terre da colonizzare. E’ infatti nota la configurazione fisica del Cile che si sviluppa solamente in senso longitudinale con uno sviluppo di 490o chilometri di costa lungo il Pacifico, mentre la larghezza, dalla Cordigliera delle Ande all’Oceano, varia in media dai 17o ai 200 chilometri. Su una striscia così lunga di terreno è ben naturale che si avvicendino, a mano a mano che si percorre il territorio dall’alto al basso, i climi più varii e la più differente varietà di terre. Dalla parte settentrionale, che abbraccia le provnicie di Tacna, Tarapacà, Antofagasta, in cui il clima è caldo e secco per modo che in taluni punti la pioggia costituisce un avvenimento eccezionale (la più recente pioggia risale’ per alcuni paesi a un secolo fa), passando attraverso al clima delizioso delle provincie centrali, si giunge fino ai territori vicini agli arcipelaghi rnagellanici, in cui l’umido ’permanente caratterizza l’intera regione: regione di pioggie abbondanti e continue. Diversità di climi e quindi di prodotti. Mentre infatti la zona settentrionale è quasi del tutto sterile sotto l’aspetto agricolo, possiede però grandi giacimenti di minerali, sorgenti di ricchezze per l’erario del Cile. E’ risaputo che l’industria dei nitrati, per esempio, rappresenta per il Cile circa il 75 % dell’esportazione totale, e serve a pagare circa il 6o % delle imposte totali di questo Stato. Quanto il suolo sia fecondo di questo prodotto, lo dimostra la previsione dei tecnici che affermano che nel 1912 si avrà una produzione minima di 55.500.000 quintali (i). Lo sfruttamento delle ricchezze minerarie continua ancora nella zona successiva, che il Lomonaco chiama zona minerario agricola, perchè riunisce i caratteri della zona settentrionale e di quella successiva a mezzogiorno, la quale è una zona prettamente agricola: qui gli estesi terreni coltivati sono assai ricchi e fertili e la vegetazione è, a mano a mano che si procede verso il sud, sempre più folta (I) Cfr. il Bollettino dell’Ufficio d’informazioni agrario e di patologra vegetale (pag. 39, numeri 11-12) edito dall’Istiiuto Internazionale d’Agricoltura.