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Pagina:Il buon cuore - Anno XII, n. 19 - 10 maggio 1913.pdf/4

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148 IL BUON CUORE


La città dell’Aquila era ancora vibrante del grande assedio, di cui l’aveva stretta per parte aragonese, Braccio da Montone. Sotto la tempesta delle genti braccesche gli aquilani avevano mostrato forza e serenità antica. Ridotti alla fame dall’implacabile nemico, esausti dalla bisogna continua delle scolte, delle sortite e degli allarmi, avevano sopportato tutto con animo grande. Le chiese aperte alimentavano le energie e la forza del sacrificio: umili fraticelli andavano in mezzo a tanto ferro, parlando la parola dell’evangelio. Tra la città e il campo di Braccio, alcuni di essi si aggiravano e uno fu di tanta suasiva parola da far sostare l’assalto,e tentare la pace. Forse fu S. Giovanni da Capistrano? Il grande santo, nato per portare la parola dello spirito in mezzo alla guerra, certo aveva il volere entusiastico e l’autorità irresistibile per tanto. Ma l’assedio continuò e la città eroica prevalse: e Braccio, vestito di scarlatto, morì di ferro sotto le sue mura. L’Aquila rimase ingrandita di fama e di nobiltà, ma ammiserita, depauperata, deserta dallo sforzo immenso. Nè la società circostante e contemporanea era in migliori condizioni. Se leggete qualcuno dei sermoni di San Bernardino da Siena, sarete, a tratti, fermati da pagine tremende, nelle quali è l’abbominio del santo per la dilagante ferocia e la immane corruttela dell’età. Sentitelo nel sermone XXV: a tradimenti, omicidi, incendi, tirannie, discordie, opposizioni, diffamazioni, rancori, odi, false accuse, divisione di amici, di consanguinei, divisione delle castella, delle terre, delle ville, l’imperio violato, donne uccise, uomini propaginati, arse le cose loro, squarciate le donne" pregnanti, uomini venduti, predate le ville H. E seguita la terribile enumerazione. Dentro questa tormenta si cacciarono gli uomini di Dio: la loro parola suonò sopra l’urlo della violenza, e la folla tumultuante si aprì dinanzi alla loro mansuetudine inerme. Veniva un uomo, un piccolo uomo bigio e agitava sulle folle mareggianti, e scosse da formidabili correnti di passioni, le grandi parole buone, di pace, di giustizia, di fede, di religione, di croce. Così San Bernardino andò in giro per tutta Italia, in Lombardia e in Toscana, nell’Umbria e nell’Abruzzo, a predicare e a pregare. Così S. Giovanni da Capístrano, che, giovane e lettore di diritto a Perugia, sfiduciato dalla lotta politica si fece cordigliero e seguì la via di san Bernardino. Ma fu più di frate Bernardino, di animo ardente, e di diritta energia: fu nell’assedio dell’Aquila, fu inquisitore dei fraticelli dell’Opinione, si frappose fra Lanciano e Ortona e pervenne a comporne la differenza secolare: si occupò degli ebrei, e fu inviato dal papa ambasciatore presso sovrani, e seguì eserciti contro gli infedeli. Ma attorno a queste figure di grande rilievo e di grande statura, altre ve ne erano minori ma insigni. Frate Antonio da Bitonto, frate Alberto da Sargiana, frate Roberto Caracciolo da Lecce, circolano in mezzo all’umanesimo trionfante, combattendo o arridendogli amici. Perchè dei due rami nei quali

si era diviso l’ordine francescano, i frati dell’Osservanza e i Conventuali di S. Francesco, i primi erano rigidi, severi, umili, amati dal popolo: i secondi sentivano, fin dentro la cella, l’aura del Rinascimento e non dimenticavano sotto ifsaio, la vita e lo splendore del mondo. Frate Roberto Caracciolo da Lecce, che era dei Conventuali, fu accademico pontaniano e amico del Pontano e del Galateo. Questi Conventuali erano amati dalla nobiltà. Ora tra l’altro il racconto del Faraglia, ci dà notizia di un episodio della rivalità accesa tra i due Ordini. Avvenne che nel maggio del mi Frate Bernardino da Siena morì nell’Aquila all’ora dei vesperi, che era la vigilia dell’Ascensione. Tutta la città si commosse. Ma i frati conventuali deliberarono occultamente di rimandare il cadavere a Siena, o al monastero della Capriola. Scopertolo il popolo, tolse ad essi il santo, lo portò in solenne processione al vescovado, lo tenne in custodia, lo guardò giorno e notte, gli costruì un’arca ferrata con dodici chiavi. Rimase come segno di pace per la città. E poichè le dissenzioni continuavano, si diffuse la nuova che le narici del Santo colavano sangue: tutti trassero a vedere il prodigio: e quietarono le male passioni. E intanto Frate Giovanni da Capistrano otteneva da Nicolò V la canonizzazione di Bernardino: nell’improvviso tripudio l’Aquila deliberò solennemente di levare una chiesa in onore del santo. Ma i conventuali indussero la Magnifica Camera, ad abbellire una cappella della loro chiesa, appoggiati dalla nobiltà, e guidati da Frate Roberto da Lecce. Con lettere fu data partecipazione del mutato proposito a Frate Giovanni, che era presso Federico imperatore, oltremonte. E frate Giovanni rispose. Abbiamo tutta la risposta ed è stupenda di impeto, di eloquenza, di veemenza. Ed è per noi interessantissima. Ricorda agli aquilani a edificano uno loco delli belli che siano in tutta l’Italia». Parla di sè stesso con tristezza accorata i io poverello vecchiarello in l’esempio di Verona e di Padova le quali stranee nationi». Lamenta che i signori aquilani abbiano dato ascolto ai conventuali, e tra l’uno e l’altro ardente periodo ci dà informazioni sui due generi di eloquenza di quei frati i Voi avete udito predicare santo Bernardino, Frate Alberto da Sarthiano, frate Jacobo della Marca, e molti altri nostri eccellenti predicatori, non però li avete veduti stare rapiti con tante altre ipocrisie, che basteria ormai che fossero diventate scimmie. Avete senza cagione disprezzato fra Antonio da Bitonto nobilissimo predicatore, avete chiamato non so chi altro...» Infine il pensiero cristiano e insieme del Rinascimento che ha animato e guidato i potenti e gli artisti a costruire le nostre grandi città religiose è qui espresso con ingenua e semplice potenza: a Farete più gloriosa la vostra città imperocchè la bellezza della città dei cristiani se denota etiam nelli belli templi ecclesie lochi de religiosi, secondo chi è stato in Florenzia,