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270 IL BUON CUORE


tiglia di vino vecchio lasciata a mezzo e senza tappo per qualche giorno. Potrà aver forza ancora, ma non ha più profumo. Perchè la poesia non è solo il pensiero e non è solo forma ma è l’una e l’altra cosa insieme. Ora novecentonovantanove volte su mille il traduttore è traditore, non per imperizia ma per impossibilità materiale di riuscir a tradurre quel complesso di cose che è la espressione artistica. Se per scrivere poesia bisogna essere poeti vuol dire che bisogna avere non solo attitudini speciali, ma ancora vivere quel momento speciàle di commozione artistica che è il momento creativo, avere davanti agli occhi quella visione netta e speciale di cose che í versi debbono rispecchiare, e.insieme avere quelle determinate condizioni di ricchezza verbale e di sensibilità a sfumature verbali che éoncòrrono a creare l’opera d’arte. Nel traduttore tutto questo affatto manca; l’arte si riduce a gioco meccanico, e l’effetto è un po’ come la riproduzione di un canto in un disco di grammofono: si capisce sì e no, all’incirca il suono ma non gli si accompagna l’anima. E’ uno sciupìo. E quando pure le parole fossero identiche, é quando la rispondenza del pensiero fosse esatta non potremmo immaginare neppure allora che la traduzione riproduca l’originale. La poesia è fatta anche di cose quasi indicibili, tanto sono delicatezze di suoni. Per esempio, pensate che s’abbia a tradurre. il divino del pian silenzio verde. Non sarebbe tradotto alla lettera e con pensiero e con forma identica, se si scrivesse:

verde il silenzio divino del piano? Ma la poesia dove si trova più in questo brutto versaccio? Rinunciamo però a studiare la poesia nelle traduzioni, anche se queste sono, come il raccoglitore ci avverte, le migliori traduzioni italiane. Per fortuna oramai si provvede in proposito con un mezzo molto migliore, per agevolare la- conoscenza delle letterature straniere: si f,,nno studiare le ’lingue. Ecco un modo pratico e preCiso. Tuttavia ho detto fin dal principio che bisogna avere della riconoscenza per Giuseppe Finzi e che la sua raccolta di traduzioni può tornare utile. Rileggendo infatti questa crestomazia di autori inglesi e tedeschi noi possiamo venire a conoscenza dei soggetti trattati da molti artisti stranieri, i quali non ci sono famigliari, e così ci educhiamo al desiderio di gustarli nella veste originale, che deve ag. giungere al pensiero il profumo della grazia e la vivacità della suggestione. E anche per un’altra parte questa crestomazia potrà tornare utile all’erudizione nostra: e cioè per rintracciare appunto la origine di una quantità di fonti alle quali attinsero gli scrittori nostri. Noi dobbiamo infatti riconoscere quello a cui accennammo già più sopra: che le letterature teutoniche ebbero un largo influsso sopra la letteratura moderna ita

liana. Anche a voler restare a quelli che più strettamente si attennero alla tradizione italica, come il Carducci, la loro derivazione in parte dagli inglesi e dai tedeschi è evidente: fra le liriche del Carducci, difatti, gli spunti confessati e quelli non confessati come raccolti nella flora d’oltr’alpe sono numerosi. Sarebbe stato certo interessante che la scelta degli autori fosse stata più ampia, così da farci trovare anche scrittori precedenti al Goethe e autori contemporanei. La qual cosa si deve ripetere per gli scrittori inglesi, dei quali sono ricordati quasi esclusivamente i romantici dal Gray al Browning, mentre mancano affatto quelli più significativi per novità di ispirazione come il Witmann, quale, se da una parte precorse tutte le audacie dei futuristi nella conquista delle libertà più sfrenate pel ritmo dall’altra ebbe un così profondo sentimento della natura, ed una così personale e vasta visione delle cose, da dare all’opera_ propria un carattere di universalità duratura. Ad ogni modo, conveniamo, che anche così com’è, come raccolta che serva alla cultura, la crestomazia del Finzi è opera buona ed opera intelligente: e speriamo che in Italia siano molti quelli che si occupano ancora di cultura letteraria nei giardini fioriti della poesia.

IL PRIMO CENTENARIO

di Carlo Teodoro Korner

Il giorno 26 agosto sarà celebrato in Germania il primo centenario della morte di Carlo Teodoro Kórner, poeta e soldato, perito nella grande guerra d’indipendenza contro i francesi nel 1813. — Nato ’a Dresda nel 1791, pubblicò giovanissimo liriche e drammi pregevoli, e fu anche direttore del Teatro di Vienna. Ma per difendere l’indipendenza nazionale, lasciò la famiglia, la fidanzata, e la gloria letteraria, e accorse nella schiera dei volontari di Sùtzow. Celebri sono le sue canzoni La Lira e la Spada, animate da fede religiosa e da patrio entusiasmo.

Fu ucciso nel combattimento presso Schwerin il 26 agosto 1813. — A proposito di questa data, molti in Italia crederanno che il Kòrner sia perito nella battaglia di Lipsia il 18 ottobre di quell’anno; perchè l’Ode del Manzoni, molto nota, intitolata Marzo 1821

porta la dedica appunto al Kòrner morto il 18 ottobre sul campo di Lipsia; forse questo errore di epoca sarà stato corretto nelle recenti edizioni delle poesie del Manzoni; ma, fino a pochi anni fa, nessuno l’aveva rettificato. — In questa occasione, offriamo ai lettori un saggio dei versi del Kòrner; il