Pagina:Il buon cuore - Anno XIII, n. 03 - 17 gennaio 1914.pdf/4

Da Wikisource.

DALLA COLONIA ERITREA

Come Giuseppe usiamo il diritto della legge, la necessità di separarci da indegni, da meno corretti. da avversarii, ma quanto si sbaglia! So bene che tutto giustifica tale condotta... individualistica: so bene che mi si può obbiettare tanto, che a mille, a mille sonovi ragioni per acquiet2re una pigra... coscienza, ma se questo è giustificabile colle regole sante d’una oculata prudenza, -- chi ama il pericolo,in quello perisce — so che deve cessare, deve finire la nostra difesa, la nostra prudenza quando si tratta del bene nostro ed altrui, quando ne spinge e ne difende l’autorità superiore, quando ne esorta non il capriccio o la passione, ma la voce di Dio, espressa nella voce del superiore. Cessa la prudenza col suo calcolo quando si tratta d’ubbidire: ubbidienza larga, piena, generosa come quella di Giuseppe all’angelo. Ben- credo io avesse misurato il suo passo per mutare da quel primo grave consiglio di licenziare — col libello del ripudio — la sua giovane sposa: so che avrà affrontato il ridicolo forse — la strana forza che abbatte i colossi di... creta — ma Giuseppe — assicurao del volere e dell’opera divina — crede piega, s’inchina ad una ubbidienza perfetta. • •

Ma voglio pregare buon lettore di rileggere l’ultimo brano del Vangelo. Giuseppe si piega, ubbidisce e si tiene Maria — affrontando tute le contrarie parvenze — perché è ormai sicuro per il ministero angelico, che quanto è, è per opera dello Spirito Santo: che il figlio di Maria è il figlio di Dio, al quale darà nome di Gesù! Ecco la grande ragione del mutare consiglio, di ripudiare il calcolo e l’umana prudenza. Non è effetto di piccineria di mente: è l’opera grande della fede. E se vogliamo tale criterio applicare a noi quale campo ove raccogliere messi più che... ubertose.. Si tratta di passioni, capricci, vendette, odii, amorazzi, simpatie comprometenti e nocive, oh! sappiamo bene tacitare i latrati della coscienza, disprezzare le voci del popolo, che osserva, vede e prende... scandalo. Sappiamo difenderci col pretestare la libertà dello... spirito. No! qui abbisogna ed è utile ascoltarla la prudenza, ottima e santa fra le virtù, ma questa deve tacere, deve piegare, deve sprezzarsi quando un falso scandalo sta per impedire il bene, il trionfo dello spirituale, il vantaggio del morale: quando si tenta svalutare i valori dello spirito. Ma chi usa mai — oggicli — tale misura? B. R.

s. Il libro più bello, più completo, più divertente che possiate regalare è l’Enciclopedia dei Ragazzi.

bravi danni causati dalla siccità e dalle cavallette. Il molto reverendo padre provinciale dei Frati Minori Cappuccini di Milano, P. Girolamo da Lomazzo, ci invia la seguente lettera del vescovo Vicario apostolico dell’Eritrea, ’mons. Camillo Carrara, cappuccino, che ben volontieri pubblichiamo: Asmara, 23 dicembre 1913. Durante questi due ultimi mesi ho visitato parte della mia missione. Mi sono recato in mezzo ai miei cari indigeni, passando di villaggio in villaggio, sulla groppa di un mulo, accolto sempre dall’entusiasmo sincero e clamoroso dei nostri cattolici, ai quali si univano spesso gli eretici copti. Era una gran festa per questi buoni abissini vedersi onorati dalla visita del loro Abuna, assistere ai’divini misteri da lui celebraci nella loro squallida cappella, vederlo entrare nei loro tuguri per consolarvi e benedire gli ammalati. Io però sono stato ben dolorosamente impressionato nel mio cuore di padre e pastore nel constatare di presenza la miseria stracordinaria in cui trovansi quest’anno i miei poveri e cari figliuoli. Due flagelli si sono avuti nella scorsa estate in quasi tutta la Colonia Eritrea, che hanon portato la desolazione e la fame in mezzo a queste infelici popolazioni: la scarsità eccezionale delle grandi pioggie periodiche e l’invasione delle cavallette. Le pioggie nell’altipiano eritreo hanno principio ordinariamente agli ultimi di maggio e continuano fino a tutto settembre. Quest’anno invece non cominciarono se non circa la metà di luglio e sui primi di settembre cessarono completamente. Si prevedeva quindi un raccolto assai scarso, giacché per mancanza di acqua sufficiente, la dura, il taf, i piselli (alimento ordinario dell’Abissinia` crescevano miseri e stecchiti. Qualche cosa non pertanto si avrebbe avuto da queste terre arse, se non’fosse sopravvenuto in agosto e settembre un altro flagello ben più grave, che distrusse ogni cosa. Il passaggio delle cavallette fu tale che il simile non si ricorda a memoria dei più vecchi. Era uno spettacolo terrificante quello che presentavano queste locuste che, quando si sollevavano erano come grandi nubi rossastre che nascondevano il sole, o quando ’si gettavano nelle campagne erano come un fiume impetuoso che il tutto travolgeva e distruggeva. Le popolazioni guidate dai loro capi fecero del loro meglio e col fuoco e coi bastoni e cogli schiamazzi, per sp,.,ventare ed allontanare tali voracissimi animalecti, ma il tutto fu inutile, e questa povera gente dovette assistere colle lagrime agli occhi alla rovina e alla completa distruzione dei loro campi. Per quasi due mesi si può dire che ogni giorno paesi intieri venivano a gettarsi ai miei piedi, implorando per amor della Madonna qualche sacco di dura, onde potersi sfamare insieme ai loro figliuoli,