Pagina:Il buon cuore - Anno XIII, n. 06 - 7 febbraio 1914.pdf/2

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dia in una parola: unione soprannaturale con Dio; unione che ha tanti aspetti quanti ne può avere la vita cristiana, che è dal principio alla fine un unirsi a Dio unirsi a Lui fattosi simile a noi per riciondurci a sè, unirsi a Lui per fede mentre la visione non ci è concessa, unirsi a Lui piatgendo il peccato che ci ha allontanato da Lui, unirsi a Lui amandolo nel nostro prossimo, unirsi finalmente a Lui veduto scopertamente a faccia a faccia nell’alto lume della gloria. Ognuno di questi sentimenti è specificatamente cristiano, e qualunque opera d’arte che si ispira a un tale sentimento e lo trasfonde in noi è opera d’arte sacra: quella invece che non rispecchia sotto una forma o sotto un’altra questa unione immediata e soprannaturale con Dio non si potrà chiamare propriamente sacra nè cristiana, per quanto il suo soggetto sia religioso. E’ così che, per non parlare di certe Maddalene atte a muovere piuttosto a libidine che a compunzione, molti San Giorgio a cavallo son più indicati come insegna d’albergo che come icone d’altare, e più di un San Girolamo nel deserto serve meglio come studio di nudo che come esemplare di austerità. L’unione con Dio goduta dai Santi nella gloria dai martiri nei tormenti, dai penitenti in mezzo alle lagrime o irremissibilmente perduta dai dannati nel fuoco eterno, ecco quello/che ci deve esprimere l’opera d’arte veramente sacra e cristiana. E siccome questa unione con Dio ci solleva infinitamente al disopra d’ella natura, così il sentimento prodotto sopra di noi dal capolavoro dell’arte sacra deve essere un senso di innalzamento al disopra di noi e al disopra del creato. Mentre il quadro sacro ci rappresenta sotto qualche suo aspetto una bellezza creata, ci d’eve significare oftraverso a Quella una bellezza superiore; e quindi, mentre attira il nostro sguardo con la bellezza rappresentata, non deve lasciarlo attaccare a s›, ma farlo. dirò così rimbalzare in alto a contemplare collo spirito e quasi a cercare con l’occhio qualche cosa più bella e più desiderabile ancora di guanto possiamo scorgere sulla tela. • •

ri m..0 Ma come potrà l’artista ottenere questo effetto? In ciò sta il gran segreto della religiosità dell’opera d’arte e al tempo stesso il gran segreto di ciascun artista cristiano. In generale par che si possa dire che per raggiungere questo effetto di soprannaturalità si richiede la massima idealizzazione della bellezza rappresentata; idealizzazione dei volti, delle posizioni, dei gesti, degli aggrunnamenti; idealizzazione che nella maniera di molti artisti arriva ad essere una specie di stilizzazione, e, qualche volta a dare rigidità, senza però toglier grazia, alle loro figure, e una— regolare simmetria, senza però toglier libertà, ai loro gruppi; idealizzazione che quasi sempre riesce a questo risultato di concentrare la massima attenzione nostra nelle ’ftsonomie colte quelle che

sono più atte a farci capire l’anima della creatura, lasciando al resto del corpo un interesse secondario. Altra cosa, se pur non rientra nella precedente, che contribuisce a sollevare in alto l’animo di chi contempla il quadro o in generale l’opera d’arte religiosa, è una certa pace, calma, serenità, che contrastando con l’agitazione, il torbido, l’angoscia della vita presente, pare accenni alla soprannaturale tranquillità del cielo e ci inviti a desiderarla. Questa pace e questa calma si può esser sicuri di riscontrarle in tutti i quadri profondamente e intensamente religiosi. E chi vorrà analizzarla la troverà consistere anzitutto nella qualità delle posizioni, che non debbono essere troppo sforzate o contorte; poi nella figurazione dei movimenti. che non debbono essere bruschi ma continuati e tali da non urtare il senso della Permanenza; nella espressione degli affetti, che non devono essere tumultuosi ed esagerati; nella distribuzione della luce che deve essere uniforme e tranquilla; e in genere in una certa regolarità e moderazione-, che è fatta app8sta per esprimerci sensibilmente questa verità così fondamentale nella mistica cristiana, che la più intensa attività spirituale è inseparabile dalla massima quiete. E finalmente un’ultima cosa necessaria nerchè un quadro e una statua siano, veramente capaci di sollevarci al disopra di noi stessi per avvicinarci a Dio, è che siano stati concepiti ed eseguiti dall’artista con nn certo spirito di semplicità di cuore, di rettitudine d’intenzione, di distacco da sè, di ubbidienza, di umiltà. che escludano fin l’ombra delta vanità, del virtuosismo, dell’insubordinazione.’ Ogni pittore veramente grande, ma sopratutto il pittore sacro, deve adoperar la tavoloiza e i pennelli non per farsi valere o per farsi lodare; nemmeno deve proporsi lo SCODO di attirar sopra il suo, quadro gli sgpardi e le comniacenze di una gran folla: sua unica ambizione deve essere quella di fare amare il suo soggetto e lodare Iddio, contentandosi di rimanere lui, nell’ombra, e senza l’a minima pretesa di dar nonolarità alle sue tele. L’artista che non sarà riuscito a dimenticare i nroprii interessi, i proprii diritti. e fino, dirò così. la propria arte ner la propria fede, non avrà ademniuta la s Più indisnensabile condizione per produrre onere cavaci cli attirarci a sè per ispingerci in alto Verso i misteri del cielo. Io non ho ora il tempo di farlo, ma certo sarebbe interessante• il vedere questi criterii e questi principii aprgicati dai nostri grandi artisti nei loro quadri più ispiratamente religiosi. Voglio solo accennare a un esempio notissirho. Si confronti, nel quadro d’ella Trasfig-urazione». la parte inferiore che non è e che non vuoi essere sacra, con la parte superiore che lo è eminentemente. Ti contrasto fra l’una e l’altra potrà servire, meglio di tutte le parole, a illustrare il mio concetto. La scena a piè del monte è tanto bella, tanto perfetta, tanto interessante che l’occhio non se ne sa staccare; ma la sona sul monte è tanto divinamente sublime. che ci obbliga a guardare il cielo e a pensare al Paradiso.