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Anno XIII. | 20 Giugno 1914. | Num. 25. |
Giornale settimanale per le famiglie
IL BUON CUORE
Organo della SOCIETÀ AMICI DEL BENE
Bollettino dell’Associazione Nazionale per la difesa della fanciullezza abbandonata della Provvidenza Materna, della Provvidenza Baliatica e dell'Opera Pia Catena
E il tesor negato al fasto Manzoni — La Risurrezione. |
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La nostra carità dev’essere un continuo beneficare, un beneficar tutti senza limite e senza eccezione.
Rosmini — Opere spirit., pag. 191.
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Direzione ed Amministrazione presso la Tipografia Editrice L. F. COGLIATI, Corso Porta Romana, N. 17.
SOMMARIO:
Educazione ed Istruzione
Il pettegolezzo nella letteratura.
Un galantuomo che in vita abbia avuto la fortuna,
o — se più vi pare — la disgrazia, di farsi notare da un
gruppo più o meno esteso di persone, non è padrone di!andarsene all’altro mondo senza le commemorazioni e,
quel che è peggio, senza la pubblicazione di tutti i suoi
scritti postumi. La frase, un po’ altisonante, nasconde
quasi sempre un vilissimo intento di speculare con le
carte di quegli che non è più approfittando del nome che
egli lasciò. Così, alla morte dei più, o meno noti letterati
nostri, segue sempre per opera di quello o di questo editore, una serie di volumi intesi a gettare in pasto del pubblico ansioso di pettegolezzo, con le poche carte rimaste
veramente inedite per il sopraggiungere di colei che
tronca ogni lavoro, anche le moltissime che il galantuomo defunto non avrebbe, da vivo, fatto vedere ad alcuno
e che si sarebbe ben guardato dal desiderare che anche
dopo la sua morte, venissero comunicate ad estranei. E
fra queste ultime, naturalmente, vi sempre un numero
Considerevole di lettere scritte o ricevute. Per poco non
Si pubblicano anche i conti del salumiere o del macellaio,
le lettere del padron di casa che reclamò l’affitto più volte arretrato, i protesti cambiari, le citazioni del sarto.
La scusa a queste pettegole indiscrezioni irriverenti è sempre una sola: bisogna penetrare quanto più si può nell’anima dello scrittore scomparso, allo scopo di meglio comprendere e più equamente valutare lo spirito informatore delle sue opere. Il che, in ultima analisi, equi-
vale al sostenere che per comprendere bene la «Divina Commedia» o «I Promessi Sposi» è proprio indispensabile sapere quanti erano ed a quanto ammontavano i debiti di padre Dante e di chi era veramente figlio Alessandro Manzoni. Cito questi due casi, perchè son proprio gli ultimi verificatisi nel campo del Pettegolezzo applicato alla letteratura.
Avviene cosi, non infrequentemente, di ritrovare sul tavolo di lavoro epistolari di letterati recentemente defunti e, magari, di vederseli accompagnati da raccomandazioni e richiami intesi a persuadervi che senza di essi, il mondo non avrebbe più potuto decentemente tirare avanti, il sole non avrebbe più avuto tutto il suo splendore e la letteratura patria avrebbe continuato a rimanere contaminata da quella tal lacuna che tutti i libri, prima di nascere, son destinati a riempire.
Io ne ho qui due oggi di questi volumi e, per quanto riconosca che alcune buone ragioni accampino a favore della loro pubblicazione, mi avvedo che la demolizione di questa cattiva usanza da me tentata più sopra, potrebbe stare benissimo anche per loro. Meno forse per le lettere di Gaspero Barbera, più per quelle di Giosuè Carducci.
Delle prime, recentemente pubblicate dai figli del celebre editore, non tutto è inutile e anche il superfluo è molte volte interessante. Il libro stanca forse un poco, specie là dove per necessità di cose il Barbera è costretto a parlare di affari o a dar relazione di quanto egli ha fatto, or qui or là, durante tutta una giornata di lavoro, interessa invece moltissimo in quella piccola parte riservata alla corrispondenza coi diversi scrittori maggiormente in voga in quel periodo di tempo che vide il rivolgimento nazionale — dal ’41 al ’79. — Questa è, senza forse, la parte meno inutile dell’epistolario; quella che può dare notizie intorno a diversi autori e opere di quel tempo. Anche interessante, ma soltanto per un certo suo lato di curiosità e soltanto in qualche sua parte è il gruppo delle lettere familiari, nelle quali quali più chiara si manifesta la figura morale di quell’uomo laborioso e onesto, che ai figli, col pane ed il vestito non disdegnava di dare ottimi consigli ed ottimi esempi di virtù, di probità e di vita cristiana.
Delle lettere dirette a Felice Le Monnier, principale prima e rivale poi del Barbera, metterebbe conto di par-