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Domenica della dedicazione

Testo del Vangelo.

Si faceva in Gerusalemme la festa della Sagra; ed era d’inverno e Gesù passeggiava pel Tempio nel portico di Salomone. Se gli affollarono perciò d’intorno i Giudei, e gli dicevano: «Fino a quando terrai tu sospeso gli animi nostri? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente». Rispose loro Gesù: «Ve l’ho detto e voi non credete: le opere che io faccio nel nome del Padre mio, queste rendono testimonianza di me. Ma voi non credete, perchè non siete del numero delle mie pecorelle. Le mie pecorelle ascoltano la mia voce, e io le conosco, ed elleno mi tengon dietro. Ed io dò loro la vita eterna, e non periranno in eterno, e nessuno le strapperà a me di mano. Quello che il padre ha dato a me, sorpassa ogni cosa, e niuno può rapirlo di mano al Padre mio.qa e il Padre siamo una cosa sola. (S. GIOVANNI Cap. io).

Pensieri. Nell’ultimo Vangelo abbiamo l’eco delle discussioni che avvenivano verso la fine del primo secolo, fra cristiani ed ebrei. Interessantissimo conoscerle, studiando le risposte che davano quegli antichi fedeli. Le obiezioni che gli ebrei muovevano ai credenti in Gesù Cristo, in apparenza erano solide, c anche dopo tanti secoli si vanno sostanzialmente ripetendo anche ai giorni nostri. — Di qui la necessità di meditare le risposte che l’Evangelista ci ha conservate. Gli ebrei dicevano ai cristiani: in sostanza, in questo vostro Gesù, in questo vostro Messia chi ha creduto? Chi è che ha aderito alla sua parala? Poveri pescatori ignoranti,. pubblicani, peccatori, donne di mal affare, l’aristocrazia del sangue, no. L’aristocrazia del censo, no. I sadducei? no. L’aristocrazia dell’ingegno? I dot-’ tori? no. L’aristocrazia della virtù? I farisei? no. Certamente il fatto è innegabile, ed esige spiegazione. Perchè mai la predicazione di Gesù, non trovò eco nella coscienza degli uomini che rappresentavano ciò che di meglio possedeva la nazione ebraica? Fu intesa solamente da ignoranti, poveri, peccatori, dagli infimi del mondo? L’abiezione si può ripetere. Chi crede a Gesù nei nastri paesi, ai giorni nostri? Dov’è la vera fede, la sincera adesione? Forsechè nei banchieri, negli scienziati, nel fiore della società? No. Quasi quasi non c’è più neppure negli operai. Stanno attaccati a Gesù i contadini, le donniciuole, gl’ignoranti: basta che in un paese entri il giornale, perchè tutto sia finito. Dove si diffonde la luce della scienza, ivi cessa la fede, la fiducia, l’aspirazione al soprannaturale. — Dunque l’obbiezione, quantunque antica, è sempre nuova. La risposta degli antichi cristiani, l’a•bbiamo nel quarto Vangelo ed è verissimo: tutto sta a capirla bene. Premettiamo qualche osservazione: gli uomini si

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dividono in due classi, sapienti ed ignoranti. Il sapiente parla e l’ignorante intende, dicendo del sapiente che ha ragione. Ma se ciò avviene è perchè anche nell’ignorante, vi è qualche cosa che risponde alla mente del sapiente: perchè se in lui non ci fosse nessuna luce, nessuna idea; non capirebbe nulla. Ciò che sente dal sapiente, non lo vedeva prima, ma scosso, stimolato dalla parola, subito intende; c’è insomma tra sapiente che insegna, ed ignorante che impara, una certa quale omogeneità, altrimenti non s’intenderebbero mai. Quel che avviene della sapienza, avviene anche della virtù. Anche l’uomo poco virtuoso, ammira le grandi virtù, applaude al sacrificio. Perchè? Perchè c’è qualche cosa di comune nel campo morale tra colui che è virtuoso e chi non lo è, altrimenti è impossibile spiegare l’applauso. Voi, dice il Vangelo, stupite che Gesù non trovasse eco alle sue parole nei grandi d’Israele, nei dotti, nei virtuosi, ma la trovasse soltanto nei pubblicani, nei poveri, nei peccatori. La ragione è evidente: mancava in quelli l’affinità spirituale con Gesù: aera invece in questi, e lo intendevano. Dio può comunicare cogli uomini, e quando li domina, da assorbirne pensieri, affetti, parole, azioni, tutta cioè la personalità umana, sicchè tutto nell’uomo divenga divino, allora egli è una manifestazione completa della divinità. In Gesù tutto è religiosità, ogni movimento della mente, del cuore, di tutto il suo essere, è effetto della azione del Padre in Lui: è come annientato l’uomo, dinnanzi all’azione divina. Nel Vangelo ci è dato di sentire Dio in Cristo. Pensarlo quindi Figlio di Dio è il supremo bisogno della coscienza cristiana. Ma i farisei, i sadducei, i dottori si ribellavano al soprannaturale, all’idea che un uomo fosse dominato dalla divinità, perchè in essi non c’era più alcuna comunicazione con Dio; si erano chiusi in ’sè pel loro orgoglio, per la loro sensualità, non capivano assOlutamente che cosa volesse dire, uomo divino. Certo che chi può pensare e dire: «chi non va al bene coi mezzi che gli indico io, e fuori di strada» questi è certo un pazzo d’orgoglio. Ma un uomo che trasfonde la sua persuasione in quelli che credono in Lui, un Uomo la cui vita non era che un’espressio•ne di santità, un Uomo ch•e in ogni suo atto, non era altro che una rivelazione di Dio, dicendo: «chi non raccoglie con me, disperde» confermava colle parole quanto dimostrava colla vita di essere cioè Uomo-Dio. Persuadiamoci bene di quanto siamo venuti studiando, meditiamo. Chi è contrario alle parole di Gesù, al suo Vangelo, da segno evidente di essere fuori della via della salute. — I pubblicani, i peccatori, le meretrici, svergognati del loro stato, umiliati di sentirsi tanto lontani dal bene, dalla verità, conobbero Dio, nella parola di Cristo, respirarono, si sentirono sollevati, accettarono la salute e brilleranno nel regno di Dio.