Pagina:Il buon cuore - Anno XIII, n. 35 - 31 ottobre 1914.pdf/4

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Io sono semp;e colpito di ammirazione, di stupore, nel vedere come Manzoni, parlando dei misteri cristiani, abbia sempre veduto in essi il punto più intimo, e usato la frase che ne rivela in mode evidente e preciso la ragione e lo spirito. La redenzione è perdono; perdono non solo nella realtà, ma anche nella frase. Udite come Manzoni si faccia l’eco del Vangelo: Manzoni non ha soltanto conosciuto ed accettato il cristianesimo l’ha sentito, l’ha vissuto. Se in suo consiglio ascoso Vince il perdon, pietoso Immensamente egli è. Qui Manzoni ricorda il Natale, il principio della redenzione. E quando in man recandosi Il prezzo del perdono Da questa polve al trono Del genitor salì.... Qui Manzoni ricorda il compimento della redenzione, l’ascensione di Cristo. Principio e fine della redenzione: una parola sola segna i due punti: perdono!

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L’odierno Vangelo richiama sotto la forma di parabola il gran fatto del perdono di Dio verso la umanità peccatrice. Il Re che chiama i servi a dar conto della loro gestione, è Dio che chiama gli uomini a dar ragione della loro vita. Uno dei servi chiamati, si trovò debitore di dieci mila talenti, Era un debito enorme; sia per la gravità del debito, e più ancora, forse, per le cause che avevano originato il debito, perchè la sua enorme quantità induce a credere o grande spensieratezza o grande perversità, il Re giustamente si sentì spinto a chiederne a tutto rigore l’intero pagamento, e, in mancanza della somma, chiedeva il compenso della pena della persona: sia venduto lui, sua moglie, i suoi figliuoli, e quanto aveva.... Il servo debitore si getta ai piedi del Re, supplica, prega, che abbia pazienza, che gli dia tempo a pagare; che pagherà tutto... Il Re, a quell’aspetto, a quelle parole, a quelle lagrime, si intenerisce; non solo concede la dilazione per dar tempo al pagamento, ma condona tutto il debito, e lascia che il servo sia in libertà, e con lui la moglie e i figli. Che scena commovente, che bella scena! E’ scena non umana, ma divina. Quel Re indulgente, pietoso, è la vera immagine di Dio, pietoso verso i poveri peccatori, verso di noi. Quante volte noi lo abbiamo offeso, non con uno, ma con più peccati, e peccati- talvolta anche gravi, da costituire un vero debito enorme dinnanzi a lui. Ma quel giorno nel quale noi ci siamo fatto coscienza del nostro stato, quel giorno in cui Dio ci ha chiarhati a dar conto della nostra vita, e risultati debitori, ci síame pentiti, abbiamo confessato il nostro peccato, abbiamo pianto, Dio ci ha perdonato. Perchè noi fossimo più sicuri del suo perdono, egli ha affidato l’uf ficio di constatarlo, di proclamarlo, al suo ministro. A noi, chinati in umile atto di penitente nel Confessionale, il Sacerdote ha detto, rappresentante in quel momento non di sè, ma di Dio: Io ti assolvo, va in pace e non voler più peccare!

Quanto è grande, quanto è buono Iddio nel suo perdono! Che dovrebbe sentire, che dovrebbe fare l’uomo dinnanzi al perdono di Dio? Aprire il cuore prima di tutto, ad un senso di viva gioia, di riconoscenza. Dio mi poteva, mi doveva punire e mi ha perdonato: mi ha perdonato tutto, e forse era ben lunga, era ben grave la serie dei miei peccati. Come è bello, come è grande l’atto di Dio! Che farò io? Se mai, in un rapporto ben inferiore, io avessi qualcuno che tenesse qualche debito con me, che, nel senso morale, mi avesse offeso, che farò io? Ah, è troppo grande il beneficio che Dio ha fatto a me nel perdonarmi il mio debito, perchè io non abbia a far lo stesso col mio prossimo; sarò ben lieto di ringraziare Dio del beneficio che mi ha fatto coll’imitarlo; col fare agli altri quello che egli ha fatto a me; tanto più che il debito che mi fu perdonato è ben più grande del debito che gli altri possono avere con me; • tanto più che io perdono ad uno che è simile a me, mentre Dio ha perdonato a me, Dio infinitamente più grande e più perfetto di me! Son questi i sentimenti dei quali dovrebbe esser compreso il servo perdonato dinnanzi ad un conservo che si trovasse avere qualche debito verso di lui. Il conservo c’era; gli doveva un debito, ma un debito minimo in confronto del debito che era stato perdonato a lui; lo incontra precisamente appena uscito dal cospetto del padrone; il senso della riconoscenza del beneficio ricevuto lo doveva gettare spontaneamente nelle braccia dell’amico, e fargli dire: — Amico, ti perdono il tuo debito: fu perdonato a me dal padrone uno immensamente più grande; ecco io sono ben lieto di perdonare a te il debito piccoli che devi a me! Che bella scena, che scena gentile, generosa! L’uomo ripeteva la grandezza di Dio!

Che avvenne invece? Appena fuori della casa del Re, mentre udiva ancora nelle orecchie le parole di perdono, mentre aveva ancora sul volto le lagrime colle quali aveva intenerito il cuore del.creditore, il servo perdonato si imbatte nel compagno debitore, lo prende per la gola, quasi lo si strozza, e gli grida: Pagami il debito! L’altro gli si prostra ai piedi, lo supplica dicendo: Abbi pazienza, e ti soddisferò interamente. — Son le stesse parole dette poc’anzi dal servo al padrone, e dal padrone ascoltate con tanta benignità e generosità. Ma quegli non accettò preghiere, scuse,.promesse e andò a farlo mettere in prigione fino a tanto che non l’avesse soddisfatto. Non è necessario avere l’animo squisitamente