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334 il buon cuore

Il ’70 a Parigi

Credo di far cosa grata ai nostri lettori trascrivendo, in traduzione scrupolosa, un brano aneddotico della lunga lettera — quasi un diario — che mi rivolse giorni or sono una vecchia amica, italiana di origine, stabilita a Parigi per ragioni di famiglia e d’affari, rimasta fedele nel cuore alla patria antica, divenuta acuta ed imparziale amica della seconda; spirito lucido e animo eletto, che le impressitini ct un tempo innesta sulle impressioni di oggi, in questa dolorosa vigilia d’armi, di attesa, di atroci stupori, nella quale non solo si decidono le sorti delle razze e dei popoli, ma quelle di una umanità che abbiamo creduto matura a tutte le migliori conquiste e che a un tratto ci si rivela indomita e proterva come il fanciullo selvaggio che aduna tutte le brutalità primordiali dell’istinto. La mia vecchia amica esordisce così: «Mi è caro in queste ore di faticata inazione di riandare col pensiero avvenimenti, imagini, virioni, che il tempo aveva, non cancellato nel mio spirito e nel mio animo, ma fasciato di quella neb«bia trasparente che assomiglia al profumo dell’incenso rimasto in una chiesa vuota». E anch’io scelgo a caso, nella nebbia odorosa d’incenso, ciò che parmi possa interessare il prossimo che legge: Il bimbo de’ miei vicini stava per compire «l’anno: lo chiamavano la piccola face delFassedio. perchè era nato a Parigi nell’autunno antecedente, dopo i- primi giorni dell’invasione. La sua casa e la mia erano così vuote e silenziose, dacchè gli uomini validi erano fuori a combattere e l’esodo «dei deboli — vecchi e bambini — aveva«internato nelle lontane provincie chi ci era caro t «Vedere quel piccino sulle ginocchia di sua madre era per noi rimasti, un conforto inapprezzabile, perché l’innocenza è la speranza e, senza accorgercene, ci aggrappavamo a quel simbolo di «pace. Era anche un bimbo straordinario; sorrideva a tutti con una grazia così speciale che pareva fat«ta per consolarci, e dai suoi occhi puri emanava una tale limpidità di luce da infondere nelle nostre vene il benefico calore che vivifica. Io non so perchè sia morto: i rigori dell’assedio l’hanno raggiunto perfino nelle braccia «di sua madre? Forse: ma ha lasciato nel mio cuoce re la scìa luminosa di una stella filante!». Ora, un aneddoto al quale la vecchia amica ha perspnàlmente assistito: cc I prussiani (è interessante notare come il nemito fosse nel ’70 quasi-unicamente così denominato) bombardavano Parigi. Presso il Pantheon, in u«na via secondaria una contadina s’era rifugiata, con la sua mucca, in uno stallazzo di osteria. Le avevano lasciato la mucca, a patto di riserbarne il latte per i bambini e gli ammalati del quartiere. Ogni

mattino, ad una data ora, donne e fanciulli aspettavano la preziosa distribuzione. Io era nel pubblico, con la mia gamella, destinata al nostro vecchio portinaio gravemente infermo.... (Sapeste, cara, quanti mestieri si sono fatti allora!). «Tirava una furictsa.trannntana in quella glaciale mattinata, e avevano fatto entrare di preferenna i ragazzi sotto il portico dello stallo. Ad un tratto, una bomba fischiò nell’aria e cadde nel cortile. Istintivamente tutti c eravamo buttati per terra. L’obice esplode, i detriti scalcinano i muri, ma nessuno è colpito. Un ragazzo, dinanzi a me, si rialza come gli altri, e tende la gamella che «non si era lasciata sfuggire di mano., — E’, una fortuna -- esclama disinvolto — che non avessi già avuto il mio latte! Che cosa portavo alla sorellina?... Pensarulo ad essa, aveva dimenticato di aver visto vicina la morte». Ingenua nella sua semplicità, è questa pennellata della cronistoria di allora. La vecchia amica, trasformata, al pari di quasi tutte le donne francesi, in infermiera, trova in un ospedale di Parigi, pieno di feriti giunti dall’Alsazia, un ragazzone che non avrà più di sedici anni. E’ colpito alla spalla da una scheggia di mitraglia, ma non è in pericolo: anzi può dirsi in via di guarigione. — - Volontario? Alla sua età?.. E’ bello ciò che hai fatto — esclama la mia amica rivolgendoglisi con dolcezza. «-- Ah, signora, — risponde il poveraccio ingenuamente — quando il nemico assaltò la nostra fattoria, la massaia e le sorelle hanno staccato i fucili da caccia dal muro.... Ho dovuto per forza fare come loro,». Il coraggio uno- lo ha o non lo ha! — dichiarava quel filosofo che rispondeva al nome di D. Abbondio! Ma vi è subito l’antidoto: Un vetturale da piazza, tino di quei parigini boulevardiers che hanno il gergo della celia a un tempo ironica e sentimentale, mi accompagnava spesso durante le mie peregrinazioni da un ospedale all’altro. Il suo cavallo, bianco, magro, ossuto, rispondeva al nome di Cocò e sarebbe stato un prezioso collaboratore del suo padrone, se non avesce.avuto un raffreddore cronico che lo faceva starnutire con lo strepito di dieci scariche. «Una sera feci, non so come, tardi, e durante il tragitto nè breve, nè comoda (poiché pioveva a dirotto) a casa mia, non ebbi motivo di essere contenta nè di Cocò nè del suo padrone, poiché il primo starnutiva e scivolava ad ogni passo sulle pietre levigate dalla pioggia; ed il secondo sfogava, il suo umor nero borbottando e bestemmiando. Pagai, cionondimenó, con la sopratassa della solita mancia, ma il mio bonsoir fu abbastanza asciutto, rivòlgendomi all’uno e all'altro.