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86 IL BUON CUORE


Le difficoltà dell’affermazione della fede crescevano. I vicini, non persuasi dell’asserzione del cieco, lo conducono dai Farisei. Erano i maestri riconosciuti, quelli nei quali si trovava riunita come una doppia scienza, la scienza divina e la scienza umana. Essi interrogano il cieco sul fatto avvenuto. Il cieco, sebbene si accorga di trovarsi dinnanzi ad animi mal disposti, risponde semplice e chiaro, affermando il fatto miracoloso. Essi cominciano a sollevare dubbi sulla liceità del fatto, essendo stato compiuto in sabato, giorno di assoluto riposo, e poi chiedono al cieco: Tu che dici di colui che ti ha aperto gli occhi? Il cieco risponde: E’ un profeta. Profeta non vuol dire Dio, ma un rappresentandi Dio: non è ancor la fede completa; è la fede iniziale. Qui nasce un incidente assai frequente nella storia delle umane debolezze, ma che per contrasto fa risaltare maggiormente la forza ed il merito delle persone che hanno il coraggio della loro fede, e la franchezza di attestarla in faccia a chiunque. I Farisei, non persuasi delle affermazioni del cieco, lo lasciano in disparte, e mandando a chiamare i suoi parenti, e chiedono ad essi: è questo vostro figliuolo? è vero che è nato cieco? come dunque ora ci vede? I genitori sapevano benissimo che era loro figliuolo, che era nato cieco, che ora è veggente, sapevano benissimo, che la vista l’aveva ricuperata in modo non naturale, ma miracoloso; il figlio lo aveva loro attestato; nessuno meglio di loro poteva confermarlo; la gioia che per tale fatto era tanto naturale e giusta in loro, doveva spingerli non solo a confermare l’asserzione del figlio, ma ad esaltarla e glorificarla... invece rispondono, e non rispondono; sì è nostro figlio; sì era cieco; sì ora ci vede; ma come ora vi cede noi non sappiamo; domandate a lui; ha i suoi anni. Il Vangelo aggiunge: così parlarono i genitori di lui, perchè avevan paura dei Giudei, avendo essi già decretato che chiunque credesse in Cristo venisse cacciato dalla Sinagoga. Quanto frequente è questo fatto anche in mezzo di noi! Quanti che sono cresciuti nella vera fede, che hanno la fede nel loro cuore, che sentono essere la fede il massimo dei benefici e il massimo dei doveri, che vogliono vivere e morire nella fede, che riconoscono, quanto sarebbe nobile e grande il professarla francamente in faccia a tutti, pure indietreggiano, si fanno piccoli, si lasciano imporre dalla insolenza, dalla prepotenza degli increduli, da lasciar supporre quasi che anch’essi siano del loro numero, e ciò per la paura di essere da essi disprezzati, condannati, boicottati! La paura degli uomini, e talvolta quali uomini! vale più del rispetto della verità e di Dio; la parola di un giornalista vale più della parola di Cristo! Quale viltà, quale ingratitudine!

Tale non è la condotta del cieco. Egli è richiamato dinnanzi ai Farisei; essi credono di intimidirlo, col ricordo solenne della loro autorità, di essere discepoli di Mosè, che non sanno chi sia l’uomo che lo ha risanato.... Il cieco che prima era stato franco, ora è trionfante; il vedersi richiamato è per lui una prova che i Farisei non sono sicuri del fatto loro, che vorrebbero imporgli con dei paroloni: egli non fa che richiamarsi al fatto; niente è più cocciuto di un fatto, dice il proverbio; è anzi col richiamo del fatto ch’egli demolisce tutte le loro contrarie asserzioni:.qui sta appunto la meraviglia che voi non sapete donde sia, ed ha aperto i miei occhi; dacchè mondo è mondo, non si è udito che alcuno abbia aperti gli occhi a un cieco nato;.m questi non fosse da Dio non potrebbe far nulla. In queste parole del cieco è tutta la teorica della fede cristiana: la fede cristiana è appoggiata a dei fatti. Che rispondono i farisei? Tu sei venuto al mondo pieno di peccati, e vuoi farci il maestro? E lo cacciaron fuori. E’ quello che rispondono, contro il fatto del cristianesimo, gli attuali increduli. Non potendo distruggere, il fatto, si appigliano agli insulti, alle villanie: danno ai credenti del cretino, dell’ignorante, del menzognero, del superstizioso, e li cacciaron fuori, o almeno vorrebbero cacciarli fuori dal comune consorzio, dalle scuole, dai municipi, dal parlamento, da tutta la vita sociale. Ignoranti, superstiziosi, i discendenti di Dante, di Galileo, di Volta, di Manzoni! Il cieco ricevette subito da Cristo il premio della sua franca e serena professione di fede. Avendo saputo che i Farisei lo avevano cacciato fuori, incontratolo gli disse: Credi tu nel Figliuolo di Dio? Rispose il cieco: chi è egli, o Signore, affinchè in lui creda? Disse Gesù: è colui che tu hai veduto poco fa, è colui che teco parla; sono io. Il cieco aveva già creduto in Cristo come Profeta, come mandato di Dio; ora è dinnanzi a Cristo che si chiama Figlio di Dio; le ragioni che provavano la prima qualifica, provavano la verità della seconda pronto e franco prima, non è meno franco e pronto adesso: alle parole di Cristo risponde: Signore, io credo! E prostratosi l’adorò. Che gioia dovette provare Cristo dinnanzi a questa esplicita dichiarazione di riconoscenza e di fede! Che gioia dovette provare il cieco dinnanzi all’acquisto della doppia luce, la luce dell’occhio, la luce della mente; la vista, la fede! Queste due gioie possono essere procurate e ottenute anche da noi. Colla professione della nostra fede procuriamo innanzi tutto la gioia al cuor di Cristo, nel riconoscere la sua divinità: che gioia il poter recar questa gioia! Cristo, alla sua volta, procurerà a noi, non una, ma due gioie:; una, e ben dol