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196 IL BUON CUORE


consisteva nel pensare una cosa sola,’nel pensare soltanto d’esser ricco; non si ricordava che, essendo ricco doveva essere anche benefattore; egli doveva ricordarsi che vi erano intorno a lui dei poveri, e che a lui, per disposizione della natura e di Dio, incombeva l’obbligo imperioso di aiutarli’, colla prestazione della persona e coi soccorsi materiali. Egli invece non pensava che a vestirsi con lusso, a ’banchettare splendidamente... non accorgendosi che sulla soglia della sua casa, anzi del suo palazzo, il povero Lazzaro, coperto di piaghe, sospirava inutilmente le bricciole che cadevano dalla sua mensa. I cani, che venivano pietosamente a lambirgli le piaghe, erano più umani di lui,. erano più uomini dell’uomo. Che spettacolo edificante invece quello che ci presenta Lazzaro! Piagato, affamato, col contrasto del chiasso e del banchetto lussureggiante che si svolge nelle sale di Epulone, egli non ha una parola di lamento, egli non ha imprecazione, che pur sarebbe parsa così giustificata, così naturale.... Non invidio l’Epulone; amo, ammiro Lazzaro.

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Alla verità sociàle succede la verità morale. I.a intelligenza, il cuor dell’uomo, sono contenti, son soddisfatti di questo stato di cose? Da una parte il ricco che banchetta e gode, nè si dà pensiero (l’altro e di altri, e dall’altra il povero Lazzar(. infermo, senza mezzi di sostentamento, senza alcuno che si muova a pietà di lui, che lo soccorra? No, l’intelligenza il cuor dell’uomo non sono contenti, anzi protestano; questo contrasto offende il senso della giustizia. Ci deve essere un compenso; deve venire un momento in cui le parti devono invertirsi; chi non pensa che a godere, deve essere punito della sua inconsideratezza che si risolve in crudeltà; e chi soffre, chi soffre senza colpa, chi soffre rassegnato, deve pur trovare una sosta, un compenso ai suoi dolori, un premio alla sua rassegnazione, alla sua forza d’animo. E se questo compenso non c’è nella vita presente, bisogna pur che ci sia nella vita.futura: l’esigenza della legge morale lo impone. Questo argomento basta da solo a provare l’esistenza della vita futura. E’ ciò che si legge nell’odierno Vangelo. Morì il ricco e fu sepolto nell’inferno; morì Lazzaro e fu dagli angeli portato nel seno di Abramo. Dinnanzi a questa soluzione, il cuore è soddisfatto, il cuore si ricompone; è fatto l’equilibrio; è giusto che chi ha fatto male, fosse pur nel non far bene, sia punito; è giusto che chi ha fatto bene, non abbia soltanto il testimonio della buona coscienza presso di sè, ma il testimonio della approvazione e del premio da parte degli altri. E’ qui- dove il socialismo incredulo si presenta colpevole di una suprema imprevidenza, di una suprema crudeltà.. E’ imprevidente e stolto quando sogna una eguaglianza di condizione fra gli uom:ni, che la natura e la volontà degli uomini egualmente respingono; ma è più imprevidente. e più crudele ancora

quando riduce tutta la vita dell’uomo alla vita presente, quando dice che la felicità dell’uomo, l’uomo la deve cercare qui, trovare qui; quando spegne dinnanzi all’uomo ogni luce di speranza futura; quando deride questa speranza; quando chiama ciurmadori quelli che la predicato. Cercano la felicità dove non c’è, nè può esserci, e la negano dove c’è!! E ciò con effetto di suprema contraddizione contro il loro sistema della eguaglianza sociale tanto sonoramente strombazzato. Combattono i ricchi, e predicando che la felicità è solo sulla terra, spingono tutti a diventar ricchi; e non potendo divenirlo coi mezzi regolari e legittimi, fanno sì che tutti si affannano di giungervi coi mezzi irregolari e ingiusti, colle frodi, coi furti, colla violenza. Quanti ladri, e in alto e in basso, infestano l’attuale società! E quando il furto è scoperto, per sfuggire alle consegnen7e. la scappatoia più comune è il suicidio! Delitto dinnanzi alla società, delitto più grave dinnanzi alla religione! Predicano il sollievo degli umili, dei poveri, (lei diseredati, e negando la fede e il conforto dei premi promessi nella vita futura, negano ad essi il solo conforto vero e possibile; supremamente crudeli nel punto stesso in cui gridano di essere generosi

Ma è vero che c’è la vita futura, è vero che c’è l’inferno, è vero che c’è il paradiso? Ecco il terzo punto che noi chiamiamo la verità dogmatica. «Andate là... i preti vi danno il paradiso», si dice intono ironico, canzonatorio, come se i preti dicessero una solenne corbelleria o ciurmeria. E riguardo all’inferno. «C’è l’inferno? ci credete voi all’inferno?». E il modo di dirlo è tale che esclude dal discutere che pur ci sia. Con quanta leggerezza si buttano là queste frasi senza riflettere quali gravi conseguenze includono! Perchè il paradiso e l’inferno non si vedono, si dice: non ci sono! Perchè non si sa bene il loro modo di essere, si nega il loro essere! Si è riflesso che cosa si nega col negare il paradiso e l’inferno? Si nega semplicemente... la giustizia! Come è più sapiente, come anzi è solamente giusto in questo punto il Vangelo! E il Vangelo nell’affermare apertamente la verità della vita futura colla ’eternità delle pene e dei castighi, trova la piena conferma nella credenza di tutti i popoli, in tutti i secoli, su tutta la faccia della terra. Si possono trovare individui, non si trovano nazioni che non abbiano creduto nella vita futura. Ci vuole un bel coraggio a dire: tutto il genere umano ha torto; ho ragione io! Non credete a nessuno, neanche a Cristo; credete a me! Oh se qualcuno fosse tornato dall’altro mondo, dicono alcuni; se qualcuno fosse tornato dall’inferno... allora sì, crederei... ma non è mai tornato nessuno! Non si pensa che questo fatto del non essere tor