Pagina:Il buon cuore - Anno XIV, n. 25 - 19 giugno 1915.pdf/6

Da Wikisource.
198 IL BUON CUORE


Quanto all’utilità materiale della vita monastica, non occorre proprio che inviamo quei &trattori all’opera celebre del Montalembert I Monaci di Occidente; basta guardarsi attorno per rilevare ad ogni passo i monumenti e le vestigia del lavoro artistico, umanitario dei frati. Del resto, anche il solo ritirarsi dal mondo per lasciare un posto di più ai tanti, troppi concorrenti al lavoro ed al pane quotidiano, un reddito pecuniario di più ai bisognosi od ai cupidi di danaro, un posto, un onore di più alla caccia spietata di tanti ambiziosi, non è questa un’opera di bene sociale in quanto si scarica la società (lel dovere di provvedere a tanti aspiranti alla loro parte di lavoro, di onore, di pane? Dopo tutto la semplice vita ascetica dei monaci, contribuisce anch’essa a chiamare dal cielo, da dove deve pur derivare ogni bene, elette benedizioni sul nostro lavoro, sui nostri. interessi, sulla nostra salute corporea. Forse oggidì non è più compresa questa cosi facile teoria che tra cielo e terra vi è più contatto e rapporto e scambio di azione di quello che si creda; doveva esserlo di più alla culla del Edo Romani a cristianesimo quando Origene sottomettersi al Vangelo, li sicurava che facendolo «essi saranno vittoriosi per la preghiera, e che protetti dalla potenza di Dio non avranno più guerre... Voi non dovete disprezzare la milizia dei cristiani che combattono colla preghiera contro quelli che si oppongono ai disegni dell’imperatore e dei suoi soldati... perciò, rovesciando colle nostre preghiere l’opera nefasta delle potenze invisibili che muovono guerra e sollevano i perturbatori della pace, rendiamo un maggior servizio all’imperatore che quelli che combattono sotto i suoi ordini.» (ad Romanos). Per ’limitarci a S. Luigi, taccio tutto questo e non mi occupo neppure del bel gesto di accorrere negli ohpedali ad assistere gli appestati, gesto che gli costò vita, e che se fosse ripetuto ai dì nostri da un giovane ventitreenne del nostro laicato idrofobo contro la veste religiosa, lo si porterebbe a cielo con fiumi d’inchiostro prodigato sui giornali. Mi restringo ad un merito del Gonzaga, che. come dico nell’intestazione, è misconosciuto. Fd è questo: l’enorme influenza esercitata sulla nostra gioventù collo spettacolo di una pnrezza del costume, più che umana, angelica. Da lui fasCinati colla bellezza incantevole di tanta vista, da quattro secoli i nostri fanciulli imparano ad amare; a conservare a qualunque costo la purezza del costume; molti non perseverano, cedono sotto la violenza della tentazione, ma ne conservano la memoria, il profumo, l’aroma per un giorno iion lontano di riabilitazione; ma molti portano fin sotto il gelo della vecchiaia una virtù intemerata. Chi non sa che oltre una dignità tutta singolare, c’ire l’onoratezza e la pace della famiglia, e l’integrità del censo, non dilapidato dalla passione, la castità conferisce vigor di mente, vigore di corpo e dona alla società degli• uomini che le fanno onore e saranno baluardo inespugnabile nei giorni terribili della prova. E tanto

più si valuterebbe il merito di S. Luigi Gonzaga, se si potesse conoscere tutta la terribile percentuale dei messi fuori di combattimento e lungi dalle nobili battaglie della vita, per opera del vizio immondo; se si avesse tutta la lista dei degradati, degli indegni e dei bruti; se ci fosse nota l’orrenda strage di anime e di corpi che ogni dì sale in un crescendo spaventevole nell’orgia del piacere proibito. L. Meregalli.

Il cifrario della polizia inglese

Entrato nell’uso come il telefono, gli uffici di polizia, per comunicare fra loro, cominciano a valersi di esso, forse.più che del telegrafo: ma quando le comunicazioni telefoniche non sembrino garantire sufficientemente il segreto, allora, fra i vari uffici, vengono scambiati telegrammi cifrati, o redatti con parole convenzionali. In tutte le informazioni, date o richieste, viene tenuto un ordine prefisso allo scopo di evitare confusione. Ecco la serie delle comunicazioni, come è seguita: r. il reato commesso o il motivo del dispaccio; 2. la persona ricercata; 3. l’età, l’altezza e la corporatura del ricercato; 4. la carnagione, la capigliatura, gli occhi, la barba, i baffi, e la forma del viso; 5. i connotati particolari e i segni distintivi; 6. il vestiario; 7. la località in cui quella persona presumibilmente si trova; 8, le istruzioni sul da farsi; 9. il numero dell’ufficio o del funzionario che spedisce il dispaccio. • Di queste nove comunicazioni, la terza, la quarta, la quinta e la sesta vengono trasmesse per mezzo di cifre convenzionali. Così quarant’anni di età vengono espressi con il numero 4o; l’altezza di 5 piedi e 6 pollici, pari a un metro e sessantasei centimetri, viene indicata con 56; il personale snello con il numero 3. Quindi, mediante le tre cifre 4o. 56, 3, si rende noto che la persona cercata dall’ufficio mittente ha quarant’anni di età, cinque piedi e sei pollici di altezza, e un personale snello. Quale economia di parole e di denaro si ottenga così, è troppo evidente, e nello stesso tempo è più garantito il segreto del telegramma. Per alcune altre informazioni vengono adoperate parole che rappresentano ciascuna un’intera frase. Eccone qualche esempio: Per la frase: «Ricercato da quest’ufficio per imputazione di omicidio», si usa la sola. parola: «Capitale )); «per imputazione di frode» corrisponde la sola parola (( Combattimento )); (( assente da casa sua in questo distretto» corrisponde l’aggettivo «erudito», e così via. La descrizione del capo e del viso vien fatta con cinque cifre, di cui la prima indica la carnagione, la seconda il colore dei capelli, la terza quello degli occhi, la quarta il modo di portare barba e baffi,