Pagina:Il buon cuore - Anno XIV, n. 26 - 26 giugno 1915.pdf/1

Da Wikisource.
Anno XIV. 26 Giugno 1915. Num. 26.


Giornale settimanale per le famiglie

IL BUON CUORE

Organo della SOCIETÀ AMICI DEL BENE

Bollettino dell’Associazione Nazionale per la difesa della fanciullezza abbandonata della Provvidenza Materna, della Provvidenza Baliatica e dell'Opera Pia Catena

E il tesor negato al fasto
Di superbe imbandigioni

Scorra amico all’umil tetto .....

ManzoniLa Risurrezione.

SI PUBBLICA A FAVORE DEI BENEFICATI della Società Amici del bene e dell'Asilo Convitto Infantile dei Ciechi
La nostra carità dev’essere un continuo beneficare, un beneficar tutti senza limite e senza eccezione.
RosminiOpere spirit., pag. 191.

Direzione ed Amministrazione presso la Tipografia Editrice L. F. COGLIATI, Corso Porta Romana, N. 17.




SOMMARIO:


Educazione ed Istruzione. —Musica: la “divina nepote„
Religione. —Vangelo della domenica quinta dopo la Pentecoste. Le favole dell’Afganistan.
Beneficenza. —Per la Fanciullezza Abbandonata — Per la Provvidenza materna.
Notiziario. —Necrologio settimanale. — Diario.


Educazione ed Istruzione


Musica: la “divina nepote„...


Una parentesi, nei discorsi della guerra. Non c’è soltanto, oggi, la musica dei cannoni, che risveglia tutti gli echi di questa tragica Europa... C’è ancora, al mondo, la musica arte dei suoni, quella che non uccide ma, al più, addormenta; ed anzi è proprio questa l’epoca dell’anno in cui la musica trionfa, nei teatri, nelle sale dei concerti... — Parliamo dunque, un poco, di musica.

Mi sono spesso domandato, ascoltando o leggendo pagine di musicisti d’ogni tempo, di ogni scuola, d’ogni tendenza, quale sia la musica, che contenga e possa conservare attraverso tutte le epoche quel grado di elevatezza, quel fascino di sublimità, quella potenza di «transumanare» che il Poeta dice caratteristica delle più alate creazioni dell’arte divina dei suoni. Forse la ricca fioritura romantica sbocciata da anime delicatamente sensuali, umane, troppo umane del secolo scorso?

Inclino a non crederlo: senza volere grossolanamente mettere in un fascio il buono e l’ottimo, i geni solamente simpatici ed i geni giganteschi, senza porre allo stesso livello il sentimentale Schubert e l’eroico Beethoven, Weber e Wagner, tuttavia mi vien fatto di rintracciare più o meno nella musica di questo periodo un soverchio culto dell’appassionato, invece che la espressione di una radiosa estasi nutrita di alto idealismo religioso.

In Wagner, si dirà, abbonda l’elemento mistico: i suoi personaggi hanno una fisionomia ultramondana, i suoi quadri hanno per isfondo il firmamento e

per cornice l’arcobaleno e sono trasfigurati dalle luci eteree dei vari incantesimi (del, fuoco, della primavera, del venerdi santo); ma non di rado nelle sue opere si trovano cosparse nuvole di «trouble romantique». Una musica che indubbiamente ha odore di incenso e trasporta in una atmosfera superiore vicino alle stelle è quella che avvolge la coppa del San Graal e fa di Parsif l’opera wagneriana dal punto di vista del soggetto più sublime, sebbene, sia notato di passaggio, un po’ ostica a noi latini, che amiamo una espressione religiosa più chiara, più aerata, più francescana.

Beethoven è di una inarrivabile grandiosità: ha sovente un sovrano atteggiamento profetico ed un divino slancio verso il cielo; nondimeno è facile osservare come negli stessi suoi accenti di gioia si insinuino talora una certa impetuosità ed agitazione, le quali rilevano uno spirito grande, che tende ad altissima meta, ma che rimane ancora un poco in preda a turbamento.

La musica modernissima, per quanto sia piena di interesse e preferibile a quella scritta su vecchi stanchi clichès senza un palpito vivo di personalità, per quanto sia sincera emanazione di un modo geniale di sentire, ha una ispirazione, un contenuto assai discutibile. E’ musica che dice per lo più delirio o soave stanchezza, incapacità di elevazione e quindi di eroismo spirituale è dettata sulla falsariga di tutta una letteratura seducente, ma furiosamente sensuale o sottilmente morbosa: Oscar Wilde, Mallarmè, Baudelaire ne sono gli ispiratori. Duello che ci fa udire il più grande musicista germanico d’oggidì, mentre spuma il falerno nei calici d’Erode in una notte sinistra d’orrori sacrileghi è di una bellezza che deprime, non solleva lo spirito. La finissima, preziosissima, sensibilità musicale del più grande compositore francese che fugge la luce meridiana pei pallori lunari ed i riflessi smorti degli stagni mi sembra, ad onta della viva simpatia che noi giovani si può avere per essa, eserciti sull’animo un influsso simile a quello di un anestetico sul sistema nervoso.

Se quasi tutti i migliori musicisti contemporanei sono nella sfera di attrazione di questi due tipi, è encomiabile solo in quanto serva a prendere impulso per