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238 IL BUON CUORE


Un rimedio infallibile contro la superbia è il seguente: -quando sentiamo di essere qualche cosa in noi quando proviamo la tentazione di anteporci agli altri, richiamiamo il pensiero di Dio; pensiamo che cosa noi siamo dinnanzi a Dio: quanto rapidamente ogni pensiei o di superbia svanirà! Il bene che abbiamo è tutto un dono suo: di nostro che ci abbiamo messo? Di usare male dei doni ricevuti: potremmo apparire grandi dinnanzi agli altri, dinnanzi a Dio non siamo che peccatori!

Peccatori! Questo pensiero, anzi che insuperbirci, dovrebbe mvilirci. E tante volte, in verità, questo pensiero avvilisce. Dio, nella sua bontà, ci ha prodigati i suoi doni: ci ha dato la bellezza, la ricchezza, la salute: noi abbiamo abusato dei suoi doni; noi fummo superbi, noi fummo ingiusti, noi abbiamo tenuto una condotta scandalosa, noi ci lasciammo strascinare dall’ira, dalla vendetta, noi abbiamo fatto piangere di dolore una madre, noi abbiamo portato la discordia nelle famiglie, noi abbiamo contristato. offeso crudelmente una sposa, noi abbiamo trascurato, rovinata i figli.... la coscienza ci condanna; ci condanna la famiglia; ci condanna la società; ci condanna Dio.... Ah, sì, Dio ci condanna: Dio ci condanna anzi più di tutti gli altri perchè Dio è il più santo, perchè Dio è quello che ci ha beneficati di più, perchè Dio è quello che abbiamo offeso di più; e la condanna di Dio è la più terribile di tutte, perchè è condanna inevitabile perchè è condanna che data una volta, quando usciamo da questa vita, è data per sempre! Consoliamoci! Noi siamo ancora in vita: il bene della vita conservatoci da Dio, col darci tempo a chiedere il suo perdono, è già una prova che Dio vuol perdonarci. Guardiamo il pubblicano dall’odierno Vangelo. An, ch’egli è peccatore; egli stesso confessa di esserlo: entrando nei Tempio non si sente il coraggio di andar vicino all’altare; sta in fondo, tien bassa la sua fronte, si batte il p:ft°, non sa pronunciare che una parola, espressione calda, vivente, del pentimento che ha nel cuore: Signore, abbiate pietà di me peccat9re! Che avviene? Ce lo dice Cristo: questi tornò a casa sua giustificato a differenza dell’altro: imperocchè chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato. Siamo umili con noi stessi, umili cogli altri, confidenti in Dio; questo è il segreto della grandezza e della speranza cristiana. L. V.

Il mercato degli schiavi nel Marocco

ln tutti i bazar di venditori di articoli di rame, di cotone, di cuoio, o d’altro qualsiasi genere, le vendite all’asta del pomeriggio volgono.al loro termine. Tra due folte file di credenti i delal (banditori) hanno

portato su e giù senza tregua le mercanzie loro affidate, procurando di ottenere i migliori prezzi possibili nell’interesse dei mercanti, che siedono gravi e dignitosi nelle loro minuscole botteghe. Nessun mercante importuna i clienti, ma lasciano che i banditori vendano per lui, mentre egli, certo che il buono e cattivo esito del mercato è decretato da Allah, resta comodamente!seduto, estranei a qualunque emozione. L’ora della preghiera del tramonto si avvicina, e i più ricchi clienti della città, senza far più attenzione ai frenetici urli dei delal, si avviano verso il Sok es Abd, mercato di lane al mattino e nel pomeriggio, di schiavi nelle due ore che precedono il tramonto dei sole, e la chiusura dei cancelli della città. Attraverso un labirinto di vie strette e non selciate, in mezzo a botteghe piene di generi alimentari indigeni d’ogni sorta, si giunge ad una strada larga e affollata, dove i camelli sovraccarichi obbligano i pedoni a caniminare cautamente. Ed ecco il cancello del mercato degli schiavi. Una folla di oziosi pezzenti, ai quali vien negato l’ingresso, schiamazza al di fuori del pesante cancello, mentre gli accattoni della città lotta-no per il privilegio di tenere in custodia i muli dei ricchi cittadini, che arrivano in gran numero, attratti dalla voce che saranno venduti tutti gli schiavi di un Gran Visir caduto in disgrazia. L’interno del mercato è un vasto spazio di terreno arido, recinto da mura grigie, sgretolate, crollanti. Nel centro di questo spazio qualcosa di simile ad UIL portico scoperchiato e minacciante rovina si stende da una parte all’altra del mercato; lungo le pareti de’_ recinto sorgono le stalle ove sono ammucchiati gli schiavi. All’esterno s’innalza da ogni parte la città; dietro un muro del mercato appare maestosa la bianca tomba di un santo, circondata da alte palme le cui foglie si agitano mollemente. Sul suolo, presso le stalle umane, siedono comodamente i ricchi clienti del mercato, e discorrono tra loro con disinvoltura, come se quel locale fosse la sala di un club. Dei portatori d’acqua. intanto, innaffiati( la terra assetata, affinché il calpestio degli schiavi e dei banditori non sollevi troppa polvere. Tutto ciò allo spettatore che conosce la Spagna non può non suscitare un lontano ricordo dei circhi ove han luogo le corridas dei tori. Due cicogne, lasciando il loro nido sulla tomba del santo, si librano allegramente in alto sopra il mercato e la loro libertà è un’amara irrisione alla sorte degli infelici esseri umani accovacciati dentro le stalle al di sotto. La vendita sta per aprirsi. Lenti e solenni i delal si avanzano in fila sino al centro del mercato dinanzi al portico, dove i ricchi compratori son seduti aspetetndo. Poi il banditore capo alza la voce, e prega. Ironia feroce! A occhi bassi e a braccia larghe, egli prega fervidamente; decanta la gloria di Allah che fece il cielo, la terra, il mare con tutto ciò che vi dentro; ringrazia Allah di aver mandato agli uomini Maometto suo profeta; invoca Sidi bel Abbas, Santo patrono del Marocco, affinchè benedica il mercato e