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IL BUON CUORE 261


Il lupo, nella sua libidine di rapina, perfido ed ipocrita, dissimula la sua ferocia, si atteggia a compostezza, si avvicibia, simulando indifferenza, alla vittima, l’accosta, l’azzanna, l’uccide, la sbrana, la divora. L’anima semplice a lui si abbandona, domandando nutrimento, domandando protezione. E lo sciagurato versa in ’quell’anima il veleno dell’errore, del vizio, della corruzione! E’ possibile un sì mostruoso delitto! O voi che dall’alto delle tribune, nei comizi, nei teatri, nelle conversazioni; con giornali, con proclami attaccate una dottrina che ha • educate a’ virtù tante generazioni e. spargete il dubbio e la diffidenza iu persone e istituti che parvero per tanto tempo la salvaguardia della moralità e della santità voi che, abbarbagliati da una chimerica visione di benessere temporaneo strappate alle nuove generazioni la fede in un benessere definitivo, promesso unicamente a coloro che sanno amare, che sanno perdonare; voi, apostoli della nuova fede, ’in qualche ora di dolore o di rimpianti, allorchè avete visto a quali eccessi possa trascendere una massa di popolo ubbriacato da fallaci promesse, non avete mai sentito, dal fondo della -vostra coscienza, sorgere, silenziosa ma terribile, la domanda: tu sei un Maestro redentore o non sei piuttosto un lupo rapace? Nell’attuale momento storico, la più diffusa cultura e una. concezione più chiara del dovere sociale, ha avuto per effetto immediato che, molto facilmente, ognuno può far sentire la propria opinione, riunire quindi sulla coscienza degli altri e quindi esercitare un po’ di quell’apostolato che è tanto necessario sia volto alla diffusione del bene. Ora perchè la nostra azione sia efficace, importa tener presenti le conclusioni del tratto evangelico: Il valore delle dottrine e dei maestrilo riconoscerete dai loro frutti...

Non può un buon albero far frutti cattivi, nè un albero cattivo far frutti buoni. E merita una seria meditazione la minaccia: qualunque pianta che non porti buon frutto sarà tagliata e gettata nel fuoco. Tutta la nostra azione educatrice riuscirà vana se alla cultura della mente non aggiungiamo il culto della virtù, di maniera che nella nostra vita, tutto,. costume e dottrina, si fonda in un dignitoso accorcio. Se noi vogliamo influire sulla educazione religiosa dei nostri fratelli, non basta la parola: non tutti quelli che dicono: Signore, Signore entreranno nel, regno dei cieli. Agli atti esterni del culto è indispensabile vada congiunta la probita, l’onestà, la giustizia; l’esercizio di tutte le virtù. E insieme all’esercizio l’intenzione deve essere nobile, pura, disinteressata. La carità, il perdono delle offese, l’aiuto prestato ai deboli, cose ottime in sè, non avrebbero che un meschino valore morale se fossero ispirate da mire frivole e ambiziose. Fare la volontà di Dio, ossia operare in quella maniera e con quella perfezione che Iddio comanda, ecco la regola suprema per il credente: colui che fa la volontà del Padre mio, che è nei cicli, qtr,sii entrerà nel regno dei cieli. G. G.

Vangelo della Domenica III dopo la Decollazione Testo del Vangelo...Allora alzatosi un certo dottor della legge per tentarlo, gli disse: Maestro, che debbo io fare. per possedere la vita eterna? Ma Egli rispose a lui: Che è quello che sta scritto nella legge? Come leggi tu? Quegli rispose, e disse: Amerai il Signore Dio tuo con• tutto ii cuor tuo, e con tutta l’anima tua, e con tutte le tue forze, e con tutto il tuo spirito, e il prossimo tuo come te stesso. E Gesù gli disse: Bene hai;- isposto: fa questo e vivrai. Ma quegli volendo gius;ificare se stesso, disse a Gesù: E chi è mio prossimo? E Gesù prese la parola e disse: Un ’UOMO andava da Gerusalemme a Gerico, e. diede negli assassini, i quali ancor lo spogliarono, e avendogli dato delle ferite se n’andarono,. lasciandolo mezzo morto. Or avvenne che passò per l’istessa strada un sacerdote, il quale, vedutolo, passò oltre. Similmente anche un ferita, arrivato vicino a quel luogo, e veduto colui tirò innanzi. Ma un Samaritano, che faceva ir suo viaggio, giunse presso di lui, e’vedutolo si mosse a compassione, e se gli accostò, e fasciò leerite di’ lui, spargendovi sopra olio e vino; e messolo sul suo ’giumento. lo condusse all’albergo ed ebbe cura di esso. E il dì seguente tirò fuori due denari, e li diede all’oste e dissegli: Abbi cura di lui, e tutto quello che spenderai di più, te lo restituirò al mio ritorno. Chi di questi tre ti pare’ egli essere stato prossimo per colui che incappò negli assassini? E quegli rispose: Colui Che - usò ad esso misericordia. E Gesù gli disse: l’a e fa anche tu lo stesso. (S. LUCA, Cap. io;.

Pensieri. Maestro, che debbo io fare per avere la vita eterna? E’ questa la domanda che via via si viene formulando in tutte le coscienze. Quando la fede succhiata col latte materno comincia ad essere scossa al contatto delle realtà della vita; quando la pietà ingenua del fanciullo si -trova di fronte ai dubbi accumulati dall’irreligione, e deve lottare contro la folla delle suggestioni cattive; quando, nel percorso della vita, qualche verità nuova si presenta alla nostra intelligenza, e gli orizzonti del nostro mondo spirituale si tramutano e ingrandiscono, allora, dalle coscienze rette, vien spontaneo il grido: Maestro, che debbo io fare per aver la vita eterna? Così Paolo, sulla via di Damasco, riavutosi dal primo sbalordimento, esclama: Signore, dimmi che cosa io debbo fare. Per quanto, giudicando dalla superficie, possa sembrare che l’anima moderna sia indifferente ai problemi religiosi, scrutata nelle sue ’ansie, nelle sue aspirazioni, nelle sue angoscie, nei suoi dubbi, questa grande anima moderna ha certo delle preoccupazioni - per l’al ’di là e non può non ripetere essa pure nelle ore più trepide, le parole del Dottore: Maestro, che debbo io fare per avere la vita eterna? Suggestionato dal demone del lusso, del piacere, dell’orgoglio, potrà a volte l’intelletto nostro guardare con diffidenza ai