Pagina:Il canapajo di Girolamo Baruffaldi, Bologna 1741.djvu/25

Da Wikisource.

Chi vuol di forte canape e sottile,
Ma insiem candida quanto è ’l puro argento,
85Far a suoi tempi una copiosa messe,
Nè buttar l’opra e la fatica al vento;
Scelga un terreno di propizio clima:
Perché non ogni terra atta è al medesmo
Frutto, nè ogni aria, nè ogni ciel favora
90Sempr’egualmente ciò che in terra nasce.
Come veggiam, che non allignan platani,
Nè cerri qui fra noi, ma pioppi, e salci,
Nè là dove di platani e di cerri
Abbonda ’l suol, v’ha salce alcuno, o pioppo;
95Così in basso terreno, e limaccioso,
Dove soverchio crasse particelle
S’alzino ad ingrossar l’aria, che piomba,
L’innocente germoglio canapino
Da l’eterea gravedine depresso,
100Penerà molto ad ingrandir suo stelo;
E ciò, che di grandezza a lui vien tolto,
Ad ingrossar verrà la dura canna
Di scorza tal, che darà pasco al tarlo;
E allora quando si verrà al lavoro,
105Convertirassi inaspettatamente
In canape non già, ma in borra , e stoppa.
E sappi, che la scorza (volgarmente
Tiglio appellata in questi miei contorni)
La scorza, dissi, è tutta la gran dote,
110E tutto ’l capital di quella stirpe:
Come del cinnamomo è la corteccia ,
E come di talun, che quanto tiene
Di vesti in casa, tutto indosso porta.
Però l’aria esser de’ temprata e dolce,
115Mista d’acuminati, e di rotondi