Pagina:Il canapajo di Girolamo Baruffaldi, Bologna 1741.djvu/57

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Atto a sol quello, per l’età immatura,
Le lasci in guardia sì, che con la verga,
E l’usato sciò sciò, lungi dal campo
De l’imminente lavorìo, le indirizzi.
Avide troppo ai granellini sono,
E a razzolarne quei che son sepolti.
Che se ’l gallo un ne trova, oh come pronto
Chiama a se tutte intorno in suo linguaggio,
A cibo far de la scoperta biada!
E quindi è poi, che rado nasce il seme
Più dove la cultura sia vicina
A l’abitata rustica capanna.
Nè giova già, che i canapin’ granelli
Abbian valor d’inebbriare i polli,
E di farli cader come in letargo:
Quell’intelletto, che non ebber mai,
Questo danno a discerner non arriva,
E ’l beccan su come segala od orzo,
O qualunque altro gran più saporito.
Congregata così tutta la squadra,
Vanne sul campo, e da l’un capo prendi
A seminar col tuo canestro al braccio,
Nulla men, che se il solito frumento,
(Quando è l’autunno) a piena man buttassi.
Più che ne spargi, più ne coglierai:
Ma il troppo è troppo, e ’l poco a nulla vale,
E durar più la suol chi la misura.
Se la tua terra per virtù del fatto
Lavoro con la vanga, e con l’aratro,
E col letame, copia ti promette,
Che giunga il seme a quattro nappi , basta
Sol una tornatura a ben dotarne;
Ma se intorno rimorso ti flagella,