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DEL CAVALLARIZZO

che sono molto docili, & ardirò dire più anco, che li Spagnoli, & più vaghi. Alli quali il medesimo modo in assuefarli al maneggio si richiede, che alli villani, & ginetti di Spagna, che havemo detto. Dalla Sardegna ancora, & dalla Corsica, Isole, che riguardano la nostra Italia, vengono bonissimi cavalli, ma meno che mezzani, & tendono più presto al ronzino, che al cavallo di due selle, & bastardo; sono piccoli, ma animosi generosi, veloci destri presti, leggieri, & sciolti, & di bone forze, & lena, ma hanno l’andar inquieto, sono ardenti, disdegnosi, mordaci, & calcitrosi. Vegetio afferma, che in Sardegna communemente tagliano il filo della lingua a’ cavalli giovani, acciò che non annitriscano. I soldati pratichi che sanno, quando vogliono far imboscate, è andar quieti, legano la lingua del cavallo, & così non pò nitrire. E’ un promontorio molto famoso nella Cicilia, chiamato Agraga, il quale ha un castello Agraga anch’esso detto anticamente, ma hoggi si chiama Agrigento, appresso al quale furno consueti i vecchi allevar ottimi cavalli, come accenna Virgilio nel terzo dell’Eneida.

Magnanimum quodam generator equorum

Agragas. Vegetio vole che i cavalli siciliani non siano men boni de gli Spagnoli. Ma questo poteva forse esser al tempo suo: al nostro non è così. E ben vero, che le mule Siciliane sono molto bone. I cavalli frisoni per lo più vengono di Fiandra, e d’Alemagna: & alcuni di Bertagna, li quali sono assai leggieri, & boni, ancor che habbino un poco il capo carnuto & grosso, ma nel resto sono ben fatti, & molto destri: sono i frisoni di natura non come molti credono, vili, & poltroni, ma più presto timidi, & disdegnosi, & superbi. Perilche non bisogna nè con lo sprone, nè con la bacchetta, & bastone, dargli molta molestia; ne immorsarli con morsi troppo aspri, anzi, con briglie più tosto dolci, che altramente, & senza molto battergli, & sgridare, & senza dargli molto travaglio cercar d’ammaestrargli, & di farli pigliar animo, & à poco à poco lena, & imparargli quello, che altri vole, che con questo modo imparerano più volentieri ciò che l’homo desidera da loro. Per che hanno bono intelletto, & bona volontà, & sono molti amorevoli al patrone & à chi li governa, & cavalca quando sono accarezzati; & hanno bona forza, & nelle gambe massime. Sono nel trotto generalmente leggieri, & naturalmente disciolti, & gran corridori. Et in questo modo fatti riescono bene, & bono per la guerra, & per ogni sorte di maneggio. Et io ne ho fatta esperientia, & mi sono riusciti bonissimi & riescono quando però da principio sono fatti, come si deve, & come s’è detto, e che i patroni che non sanno cavalcare habbino patientia in aspettare che siano fatti, over levati dal vitio, che tengano, & hanno acquistato per mala creanza & per soverchie battiture, & non faccino come fa hora con me un gentilhomo Romano, il quale non vò nominare per bon rispetto, che non più presto io ho cavalcato, &