Pagina:Il cholera in Barberino di Mugello - Carlo Livi, 1855.djvu/10

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Ma pur troppo la voce era vera! Poichè in quello stesso giorno e nella casa medesima tre persone fossero state colpite da’ medesimi sintomi; poichè il medico stesso l’avesse proclamato altamente, e gli astanti medesimi pur troppo nell’aspetto sollecitamente cadaverico degl’infermi raffigurassero la tanto paventata malattia.

E colla trista parola — cholera — un’altra n’era uscita pur fuora, la quale, se ne’ libri de’ dotti e in seno alle accademie è materia tuttora, e di sana ragione, a controversie, in mezzo alle moltitudini va usata dal medico con tutta prudenza, e messa in armonia colle sante ragioni della umanità e della carità fraterna. — Il male s’attacca. — Questa parola gettata là, non come face che rischiari, ma come una palla incendiaria fra gente atterrita, non è a maravigliare, se sfrenasse gli animi allo spavento, e a quel sentimento, che costringe in una abietta personalità tutti gli affetti.

Tal è il popolo: poichè in esso sieno certe molle, che basta toccare per elevarlo a’ più nobili sacrificii, o per isprofondarlo fino alla brutalità. Facile com’è poi a ragionare più secondo le impressioni de’ sensi, che secondo il giudizio, e’ guarda meno alle parole, che agli atti e modi che le accompagnano. Nel nostro caso (vorrei usare frase più benigna se potessi, ma non posso tacerlo) gli atti e i modi non furono i migliori.

     «l’ parlo per ver dire,
     Non per odio d’altrui nè per disprezzo.»

Di quì, tanta era la paura, una ferocia anche maggiore dell’ordinario nel primo terzo de’ malati colpiti, di cui appena uno fù salvo: bastava ch’e’ si gettassero