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Pagina:Il crepuscolo degli idoli.djvu/106

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IL CREPUSCOLO DEGLI IDOLI

le critiche che in un modo indiretto e involontario, io mostro subito i tre compiti per i quali ci occorre avere degli educatori. Bisogna imparare a vedere, bisogna imparare a pensare, bisogna imparare a parlare ed a scrivere; in queste tre cose lo scopo è una cultura nobile. — Imparare a vedere, abituare l’occhio al riposo, alla pazienza, abituarlo a lasciar venire le cose; rimettere il giudizio, imparare a ingannare e nascondere il caso particolare. È questa la prima preparazione per educare lo spirito. Non reagire immediatamente ad una seduzione, ma saper utilizzare gli istinti che inceppano e che isolano. Imparare a vedere, come l’intendo io, è in qualche modo ciò che il linguaggio corrente e non-filosofico chiama la volontà forte: l’essenziale, è precisamente di non «volere», di poter sospendere la decisione. Ogni atto anti-spirituale ed ogni volgarità riposano sull’incapacità di resistere ad una seduzione: ci si crede obbligati di reagire, si seguono tutti gli impulsi. In molti casi un tale obbligo è già la conseguenza di uno stato morboso, di uno stato di depressione, un sintomo di spossamento; poichè tutto ciò che la brutalità non filosofica chiama «vizio» non è che quella incapacità fisiologica di non reagire affatto. Un’applicazione di questo insegnamento della vista: allorchè si è di coloro che imparano, si diviene generalmente più lenti, più diffidenti, più resistenti. Si lascerà venire a sè ogni specie di cose straniere e nuove dapprima con una tranquilla ostilità, ritirando la mano. Avere tutte le porte aperte, mettersi come a stomaco vuoto dinanzi a tutti i piccoli fatti, esser sempre pronti


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