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e adombratasi, fece tale un salto a sinistra, che calessino, cavallo e conduttore sarebbero precipitati nel mare, ove fosse stata men forte ed esperta la mano che teneva le redini.

La tirata di parole con cui il galantuomo del calessino salutò l’improvviso arrivo de’ suoi compagni di viaggio (dal tono risentito col quale erano pronunciate non si potevan prendere per benedizioni) attestò abbastanza il suo risentimento per lo scortese procedere del postiglione. Per buona sorte, miss Davenne, benchè sapesse discretamente l’italiano, non intendeva punto il dialetto della Riviera; altrimenti avrebbe avuto uno strano e spiacevolissimo saggio della eloquenza appassionata di quei paesi.

Se l’incontro inaspettato aveva messo la povera rozza e il suo padrone fuor di sè, il famoso cavallo di rinforzo della vettura di sir John non riuscì punto più quieto. Forse era contagioso l’ombrare, o forse l’animale aveva speciale antipatia per lo scendere in giù: e qui proprio cominciava la scesa. Comunque fosse, appena passato il calessino, la sua corsa divenne un misto variato di galoppare, di cacciarsi sotto, di arrestarsi. Sir John che seguiva, colla testa fuori dello sportello, con ansietà ognor crescente le strane evoluzioni della bestia, avrebbe immediatamente chiamato il postiglione; ma lo riteneva il duplice timore di destar sua figlia da quella specie di sonno nel quale pareva immersa da quando avevano lasciato San Remo, e di arrestare troppo di repente i cavalli in piena corsa. Arrivata la carrozza al fine della discesa, che non era lunga, ed essendosi intanto ridesta miss Davenne, sir John ordinò al postiglione di fermarsi; e disse a John, il compagno della cameriera in cassetta, di scender giù a vedere che cosa fosse. John discese, e tra servo e postiglione cominciò un dialogo che non prometteva probabilmente alcun esito soddisfacente: dacchè non intendeva il postiglione una sola sillaba delle domande e degli ordini di John, espressi in pessimo italiano; nè comprendeva John una sillaba delle spiegazioni date dal postiglione nel dialetto della Riviera. Ciascuno ripeteva più volte le sue parole, senza comunicar all’altro un’idea. Insisteva l’inglese John, perchè il cavallo restio si mettesse dentro le guide, e uno dei più quieti al suo posto; mentre il postiglione, con la natìa facondia, persisteva in asserire che non c’era pericolo, che il cacciarsi sotto e l’indietreggiare del cavallo alla testa era cagionato dal batter della stanga contro le gambe, e che la avrebbe riassettata in un momento.

Alla fine la rigorosa pantomima del giovane italiano —