Pagina:Il mio Carso.djvu/96

Da Wikisource.

— 88 —

Così sentivo; e stavo fermo, come se fossi nel punto morto della terra. Avrei voluto pregare i carbonai di lasciarmi lavorare con loro; ma ridevo malignamente e pensavo: Sì, sì, lavorate. C’è sempre dentro di voi il mistero come un piccolo grumo che non si scioglie. Lo portate con voi in tutte le vostre faccende, ed esso sta quieto e buono per darvi l’unghiata all’improvviso. Mangiate il vostro pane e bevete il vostro vino; crescete e moltiplicatevi perchè del pane che mangiate e del vino che bevete si nutre il vostro mistero, ed è l’unica verità certa che i vostri figlioli daranno ai loro figlioli. Incallite le vostre mani e il vostro spirito penetri oltre i tessuti più stretti e sia così limpido da farsi specchio a sè stesso. Torturatevi ogni membro del vostro corpo con tutti gli istrumenti di lavoro, e anche, se volete, buttatevi su un letto comodo e affaticate il vostro spirito. Il mistero non lo estenuate. In che parte di voi è rintanato il piccolo mistero? Potete stritolarvi tutti, e il vostro ultimo sguardo non lo vede. Lo potete anche cercare nelle notti stellate e tra i filoni di ferro, sotto, nell’oscurità, fra le radici delle foreste. Anche, se volete, potete ammazzarvi; ma la palla che passa oltre le vostre tempie non lo brucia, e esso vive in voi anche dopo voi, eternamente, il piccolo mistero che ha fatto questa bella distesa di mare e ha fatto noi e ci ha fatto costruire i piroscafi rossoneri.

Ridevo quasi forte. M’accorsi che mi guardavano. Allora ebbi ribrezzo di me. Stetti duro, fermo. Ero tutto infetto. Mi pareva che una mia parola avrebbe impestato il mondo. Guardai il mare largo, puro, e avrei voluto pregare. Ma no: tutto il mio dolore è mio, tutto il mio strazio è