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SCENA sesta; 9* Non perdete virtù,che'l Ciel v’impreffe.
Gìu. Troppo largo cominci.Ó' hor che faccio t Ctn. Tenti toglier da Dio la propria efienza.
S'ri perdonar non vuole ogni difetta, Turche ne pianga.e ftne penta il reo, Dunque non hà pietà ■ Se vincer faffi Da'noflri error,dùqn‘ì di noi più infermo.
6e condanna lui che viue à eterna mene; Dunque giù fin non è , ch'ai mal precorre, X libertàri toglie an^’l morire ; Dunque non farà Dio, che gli attriluti Di Dio fon Dio,e tù già Dio ne fpugli.
Hor veder puoi con più giudicia intera Queflo tuo error fecondo, Ghianti fà torti al Faator dtl Mondo.
Giù- Chi t’infegnò di far tanti fofifrri ?
Cen.Quel Dio,che Giuda à la fua Tr richiama.
Giù. Tempo fù, che mi voi fe,hor mi rifiuta , X chiama voi,eh'à voi forgono i morti Sin da le tombe,à voi vengon ma e fi ri Da Coltro Mondo ad infegnarui il vero.
Cen. Hor te chiama per noi. Gin. Debile inuita.
Cen.Vuoi,che venga egli flejfo ? al cor ti parla.
Giù, Io nò l'inlèdo.Cit.E queflo auuii che trop- Rumore è in cafa,e tù lontan dal core. (po Giù. Come vi tornerò?Cent.Co'l rifenfarti ; Che fei già fcemo,& al furore inchini.
Giù. L’hai dettole tù perche di pr^Zt hai cura, Vattene tù con la tua lieta forte ; X lafeia me con la mia gran fuentura.
Sci. Panianci homai-,ch’vn dtfperaio pena, Quanto più'l fèti d'ammallir.più indura, Tù't battiiit d mi parchi siiti un chiodo,
