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SCENA TERZA; 117 Cupo degli ahri, e tudifcefol Jole.
Me ritenne tl Signor con frieght, e udì, Cht fpirfe al Ciel per la mia fi; te qua fi Sofptnfe al tradimento all'hor,che diffe, Ratto fa quel che fai. Gin. Me non fofpinfe.
Ma delmiograue error fcouerfei meli, fìt. Sia fi comi tu vuoi, tu non (muftì ( Ch’eri partito ) i futi configli £ or» .
Gl‘amore fi difeorfi, e t bei raccordi , Che dopi cena compartì fra noi .
10 fui prefente, e come Afp'.do fer do.
Anzi peggior fiotto Vincarno accrebbi 11 mio veleno, e dilaniai più crudo.
Ma che bifogna bilanciar le colpe ?
Ciafcun la /tea ft toglia, I ad ogni fuo poter pianga, e fi doglia.
Gin, Non rammenti tu, Pietro.che feourend* II tuo caro Maefìro, al fin predifie, Ch'erip;r cinutrtirli, e del mio errore Borbottando , dtcea quant'tra meglio, Che’l traditor non fuff e nato mai.
Da quefli varij,e coni rapo fi i auguri Intender puoi la differenza, e’iptfo De la colpa d’entrambi, il uario fine.
' Tu torna al tuo Signor, che ti richiama.
£f io, perch’egli mentitor non refii, Defperato morrò mi fia, chi tenti Ricondurre à paftor capra,che fuggX Con mille lupi infelloniti à tergo .
Pie, Se difptrato cor configlio accetta , £ fe può medicar piaga, che flia piagato à par de l’impiagato flcffo ; V cAi, fe mal tafieggio, ò feben nou»