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SCENA SESTA. jjj GiuJl.Queft'e’i giorno felice, in cui maggiori Marattighe veiiiam fpirano i morti Entro i fepolcri.ty à le forche il Cielo Succede-,e t ladri han di capefìro in Vite Collane d'or,eh'iu Paradifoì colto .
QÌud.Ccme feffrtrpuò Dio,che nel fuo regno Cucia, chi’l Figlio à fuoi nemici efferfe ?
Capace non fori io d'hauer perdono.
Donzella, io non li v»o per configlterrt j O'm'vccidi,o ti parla,e lafcia ch’io Prender ptjfa dtmegiufla vendetta : Giufl, Non fUggi,ni,l'ira del Ciel morendoj Ma di munir più fiero Ch'ogni tormento eccede , Kelìi perpetuo,e defpcrato herede.
Giud. Odio tanto me /leffo, e quefl a becca , Che'l fegno die, de l'empio tradimento ; E quella man,che'l vii prezzo raccolfe, Eque fio pii,che ctrfe à l'opra indegna , Che bramo di morir,perche diuifo Fia da me fleffo almeno in qualche partei Scenda l'alma à l’Infernoj i’I corpo redi crudelmente ve ci/i .
Giuft.Nonfù la bocca,Vlpii,non fù la mano , Cht ordiro il tradimento,il reo fù Giuda, Che farà fempre teco ouun que i adì.
Prenditi dunque il mio ccr.figlio,e/pera: E fe più tardi, io parlo, £ ft pano , ih cadi In man di Donna difpittat.t,efiera.
Giud. Parti..che pirdt'l tempo,e faper dei.
Che difperaio cor non V isi confeglio.
fartifenzn dirn'iUn.GiUkb'odetto molto.
Giud.
