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SCENA sesta: 1*7 Dtfto da' miti fofpir,defio dal pianto.
Tari linai.i Leoni* , Che i moni figli auuiui : f fe vaglio» muggiti,Ó* vrli,i {irida, Ahi che laTtrra,e’l Cielo Son pieni hornai de le mie voci, e gridi .
Pero datemi noi l'amato figlio ; Che non conuien ch’ei da la Croce puffi Morto à la tomba,e brettt fiAnz.* almeno Nò habbia algrèbo mio,ctiin me\o albergo Vrà la Croce, t’I/epolero, perche viuo Preffo la Croce, e fio per gir con lui, O' forfè pria di lui dentro i’autUo, Che refiar fenzalui non pefio in vita.
Datemi il caro pegno , Spirti deuoti,e del mio figlio amanti.
Che/arante mie braccia Il funerei feretro , Cheportaranlo entro la torniatepoi Dormirem giùii tl morial/onno entrambi, Perche l’ifieffa forte (le.
Habbia la madre,e'I figlio in vita,e in mor Nic. Se conctdtam quel che dimandi, e for^f, Chela nofirapietà relìi crudele, Perche cerchi l tuo danno.e a" tuoi dolori Aggiùnger tenti i paroftfmi efiremi.
Madre veder, madre toccar de! figlio Le ferite mortai1 firingerfi al /eno Morto,chi dal/uo fen la vita tol/ei Cht'l vide mai! chi' l fcffi'ì mai ! perdono Chiediomli, Madre-, fe pur colpa eflimt Qtiel^h'allrttiputirà giufiof doutre.
