Pagina:Il mortorio di Christo.djvu/35

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ro ATTO-PRIMO.

£’ l veder mi togliefii ; e mentre ceree La via dei cor ne l'intrigate fibre, Non trouajjì fi ù'mai d’vfctfne il guado 5 , O mia cara prigione, 0 Labirinto Troppo pregiatofò cecità più tema D'Aquiline pupille,}) mio bel fico, più d’ogni aura fouue. ahi che languì feo: Dio mio predimi hormii mtì te traifjrw.i-, Nulla di me più refti. A Dio di noxo , Mondo,à Dio fot, perche vuò fepeliirmi Di nono : e non fiam*i,chip‘ù mi dilli-, Ch' in quefia tua ferita ; lnuifibili ancora à gli occhi altrui, Meglio e Signor morire, Che fuor di Iti goder perpetua vita, Mor.ì. O mio caro Noi,come ti veggio „ Fuor de la porta addormentato,e ignudo; £ l'empio Cam del mifcredente Hebreo Ti berteggia ad ogn'horcoìt mille oltraggi.

Ebro dunque tu (et ì ma qual fui vino , Cl> mfanciulli la tua canuta mente ?

, Tu piantarti la vigna, eil primo tralcio Tù’l Padre Adamo; e ne benefit, ahi,tanto, C’hor nulla fenti,ancor che tremi il mondo.

£euef}i,l che! ft l'vue eran lambrufche; Sefitlt di Dragati fembraua il vinoì E tu tèi conofcefii ; c'homicid* Subito apparue, e ti conduffe à morti.

O potenza d'Amor, che j» preualfi Contro l'ifiefio Dio ; eh'et dtl fuo hotioH Nulla euro/fi, e dii materia altrui D'tffer filmato pa{x.o: e ben conuetmei Chi non ft vidtr mai (ok giunti infume.