Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
Scena quarta, h Hi a h'enuouz cegion di maggior piamo , Ch’io [oggetto li feci à fpa[mi,e à morrei Che [enz.a il [angue mio £ ri immortal, come ftgliuol di Dio • Ber [aglio ì di martire Ciò che da me trakefii .
£ mifera i pur volfi Darli'l più nobil[angue, Perche l'alma tua pura t Più delicate membra al fin veftiffe !
Ma qutfio dono il tuo martire accrebbe', Che maggior fenfo di dolor n'hauefit.
£ perdute le forze,ahi figlio,ahi figlio, La earne^ch’io li diedi, Pefo dmenne,e maggior piaghe aperfe.
Difauuedtita Madre, Che credendo giouar, tormentate nuoce, Poiché'l corpo mortal^he diede al figlio, Diuenne a vn tempo e crocififfo, e irete.
Mad.O"caro mio diletto, o amato bene, Se ti moftrafii in picciol Borgo amante Tanto collante, e forte, Quando giunto al fepolcro de'miei Padrif Meco piangeri la fraterna mor/el Che fegni fon a'amore à tutto'l Mondo Colatile piaghe nel tuo petto ([[angue.
Che ver fan per cmi Occhi in vece d'acqua pura, vn mar di fangue ?
Ciò. Io mi crtdea.Signor,che maggior dono La tua predirà man dar non potea.
Di quel e'hieri ci dtfii al Sol cu dente-, Quando te fiefio à ia gran Cena offri/li J Ch'tfier non può cofa maggior di Dio .* MA