Pagina:Il piacere.djvu/365

Da Wikisource.

― 353 ―

mentre s’abbandonava all’angoscia e al languore d’una conscienza in cui ogni coraggio veniva meno, le pareva che qualche cosa di lui fluttuasse nell’ombra della stanza e le avvolgesse tutta la persona, d’una carezza infinitamente soave.

E, il giorno dopo, ella salì al Palazzo dei Sabini, con il cuor palpitante sotto un mazzo di violette.

Andrea già era ad attenderla su la porta della sala. Stringendole la mano, le disse:

― Grazie.

La condusse a una sedia, le si mise accanto. Le disse:

― Credevo di morire aspettandovi. Temevo che non veniste. Come vi son grato!

Le disse:

― Jersera, tardi, io passai dalla vostra casa. Vidi un lume a una finestra, alla terza finestra verso il Quirinale. Non so che avrei dato per conoscere se voi eravate là...

Anche, le chiese:

― Da chi avete avute quelle violette?

― Da Delfina ― ella rispose.

― Vi ha raccontato Delfina il nostro incontro di stamani su la piazza di Spagna?

― Sì; tutto.

Il concerto incominciò con un Quartetto del Mendelssohn. La sala era già quasi interamente occupata. L’uditorio componevasi, in massima parte, di dame straniere; ed era un uditorio biondo, pieno di modestia nelli abiti, pieno di raccoglimento nelle attitudini, silenzioso e religioso come in un luogo pio. L’onda della mu-