Pagina:Il piacere.djvu/393

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egli si abbandonò al sogno che gli suggerivano le apparenze delle cose.

Era un sogno poetico, quasi mistico. Egli aspettava Maria. Maria aveva eletta quella notte di soprannaturale bianchezza per immolar la sua propria bianchezza al desiderio di lui. Tutte le cose bianche intorno, consapevoli della grande immolazione, aspettavano per dire ave ed amen al passaggio della sorella. Il silenzio viveva.

“Ecco, ella viene: incedit per lilia et super nivem. È avvolta nell’ermellino; porta i capelli constretti e nascosti in una fascia; il suo passo è più leggero della sua ombra; la luna e la neve sono men pallide di lei. Ave.

“Un’ombra, cerulea come una luce che si tinga in uno zaffiro, l’accompagna. I gigli enormi e difformi non s’inchinano, poichè il gelo li ha irrigiditi, poichè il gelo li ha fatti simili agli asfodilli che illuminavano i sentieri dell’Ade. Ben però, come quelli de’ paradisi cristiani, hanno una voce; dicono: ― Amen.

“Così sia. L’adorata va ad immolarsi. Così sia. Ella è già presso l’aspettante; fredda e muta, ma con occhi ardenti ed eloquenti. Ed egli prima le mani, le care mani che chiudono le piaghe e schiudono i sogni, bacia. Così sia.

“Di qua, di là, si dileguano le Chiese alte su colonne a cui la neve illustra di volute e d’acanti magici il fastigio. Si dileguano i Fòri profondi, sepolti sotto la neve, immersi in un chiarore azzurro, onde sorgono gli avanzi dei portici e degli archi verso la luna più inconsistenti delle lor medesime ombre. Si dileguano le fon-