Pagina:Il piacere.djvu/406

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Io vi so così profondamente mia che non vi chiedo carezze, non vi chiedo alcuna prova d’amore. Aspetto. Mi è caro, sopra ogni cosa, obedirvi. Io non vi chiedo carezze; ma le sento nella vostra voce, nel vostro sguardo, nelle vostre attitudini, ne’ vostri minimi gesti. Tutto ciò che parte da voi è per me inebriante come un bacio; e io non so, sfiorandovi la mano, se sia più forte la voluttà de’ miei sensi o la sollevazione del mio spirito.

Egli posò la sua mano su la mano di lei, lievemente. Ella tremò, sedotta, provando un desiderio folle di piegarsi verso di lui, di offrirgli infine le labbra, il bacio, tutta sè stessa. Le parve (poichè ella dava fede alle parole di Andrea) le parve che per tale atto ella lo avrebbe legato a sè con l’ultimo nodo, con un nodo indissolubile. Ella credeva di venir meno, di struggersi, di morire. Era come se tutti i tumulti della passione già sofferta le gonfiassero il cuore, aumentassero il tumulto della passione presente. Era come se rivivessero in quell’attimo tutte le commozioni trascorse da che ella aveva conosciuto quell’uomo. Le rose di Schifanoja rifiorivano tra i lauri e i bussi della Villa Medici.

― Io aspetto, Maria. Non vi chiedo nulla. Mantengo le mie promesse. Io aspetto l’ora suprema. Sento che verrà, poichè la forza dell’amore è invincibile. E sparirà in voi ogni timore, ogni terrore; e la comunione dei corpi vi sembrerà pura come la comunione delle anime, poichè sono egualmente pure tutte le fiamme...

Egli le premeva, con la mano senza guanto,