Pagina:Il podere.djvu/159

Da Wikisource.

— 147 —

— Non posso sentire nè meno uno che parla. E quello lì ha voglia di cantare!

Si alzò, tirandosi su i calzoni, che gli escivano sempre dalla cintola di cuoio; stette un minuto pensoso; e se n'andò, senza salutare Tordo; fino al fontone. Ebbe anche piacere che le anatre, vedendolo, scappassero. Prese una zappa, perchè aveva da sotterrare le lattughe per farle imbiancare. Ma l'attraventò lontano; all'uscio della capanna: si sentiva una gran forza, e stringeva i denti insieme come se vi si piegassero. La sua forza doveva servirgli a ben altro!

Benchè il Monte Amiata fosse pulito quanto il cielo, con una nuvoletta in cima come ci fosse rimasta attaccata e non potesse venire via; dalla parte del Chianti tonò. C'erano, là, nuvole nere come se si facesse notte; e le saette sembravano lunghe righe di fuoco che si spezzavano. Poi i toni rimbombarono vicini; ma da Siena in giù, per tutta la Val d'Arbia, c'era sole; e le case del poderi biancheggiavano. I pioppi della Tressa tentennavano più forte, e le loro foglie restavano rovesciate. La polvere volava alta, con le pagliuzze e le festuche; e anche dalla parte del Monte Amiata, le nebbie si affollarono. Ogni cosa cambiò di colore, con una rapidità istantanea; quasi piacevole. Le ombre a un tratto affievolivano e a un tratto rinforzavano; i prati ora più scuri e