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Pagina:Il podere.djvu/205

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Ma restò su l’aia.

Dove non erano arrivate le vampate calde della fiamma, tutto restava fradicio di guazza. Non ci si vedeva più; con un’ombra così fitta, come se non esistesse più niente. Egli non sapeva che fare; e gli pareva che l’incendio della mucchia fosse già di un tempo lontano. Quando ricominciò a poter pensare, si faceva giorno; e, benchè nelle vallate fosse nebbia, un chiarore umido e fresco si allargava sempre di più sopra i campi. Il cielo impallidiva e pareva che l’aria lo lavasse; e le caligini, che prima erano grige, doventavano leggere e bianche. Allora, apparve la prima luce dell’alba; e tutte le cose ripresero colore: da prima sbiadite, ma poi con luccichii che abbagliavano.

Su l’aia egli vide il monte della cenere e della paglia nera. Perchè non era fuggito? Perchè non fuggiva prima di rivedere qualcuno? Ma, chi sa da dove, un gallo cantò: allora, sentì che cominciava un’altra giornata: ne sentì chiaramente, lo stacco e la differenza. Il gallo cantò un’altra volta; e Remigio quasi ebbe paura di non essere più in tempo a ricominciare la vita con tutti gli altri uomini.

Verso la mezzanotte. Chiocciolino era passato davanti alla Casuccia; con un branco di vitelli, che portava di Maremma per conto di un mercante. Briaco e mezzo stordito dal

Tozzi. Il podere

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