Pagina:Il podere.djvu/211

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Neretti; il quale, preoccupandosi da vero di come vedeva andare le cose, aggiunse:

— Vedrai che tutto andrà come ti dico io. Se, poi, dovrai dare le ottomila lire alla Cappuccini, dove le troverai? Dovrai fare un’altra ipoteca, purchè la tua matrigna acconsenta.

Remigio non sapeva che dire: si sentiva completamente stupido. L'avvocato chiamò Giangio:

— Vada a comprare una cambiale di duemila lire; lei ci farà la firma come su quella del Banco di Roma, da accettante, e, poi, la porti, a nome mio, al Monte dei Paschi.

Giangio si mise il cappello ed escì.

Questa volta Remigio era impaziente di mettere la firma, di giratario, dietro la cambiale; e ne provò un piacere che non sapeva spiegarsi. Quando tornò a casa, chiese subito alla matrigna:

— Perchè non m’ha detto che vuole garantirsi con un’ipoteca?

La matrigna si stizzì d’essere stata scoperta prima della sua intenzione.

— Non lo sapevo nè meno io: è stato il mio avvocato. E, io, ormai, mi fido di lui; e, quel che fa, sta tutto bene. Chi te l’ha detto?

— L’avvocato Neretti.

— E a lui che gliene importa, razza di un cane? Ti ha sconsigliato? Bada che io,