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Pagina:Il podere.djvu/44

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mava e non riesciva a spiegarsi; arrossendo, e arrabbiandosi.

Il Neretti lo guardò, ridendo e battendogli una mano sopra una spalla: bastò questo perchè Remigio sentisse per lui un'amicizia capace di tutto. Allora l'avvocato, accorgendosene con piacere, lo fece passare dentro la sua stanza; e, dettogli che si mettesse a sedere, picchiettando con la costola di un piccolo codice rosso sopra la scrivania tutta seminata di fogli e di libri aperti, lasciati l'uno sopra addosso all'altro, lo rimproverò:

— Dovevi venire subito da me, e non andare dal notaio; e, poi, dal notaio Pollastri! Quello è un imbroglione che ti mangerà ogni cosa.

Remigio, spaventato, sentì come addentarsi fino al cuore.

— Se tu vuoi che io mi occupi delle tue faccende, prima liberati dal Pollastri; e lascia parlare me alla tua matrigna. Se credi, le scrivo subito una lettera; per invitarla a venire qui. Vi accomodo io! Ma, piuttosto, c'è un'altra cosa molto più grave... Tu, forse, ancora non la sai; ma è bene che t'avverta.

Il Neretti smise di picchiettare con il codice; e, riponendolo nel punto più sgombro della scrivania, proseguì;

— Giulia, quella ragazza che teneva in casa tuo padre, ti fa causa.