Pagina:Il tesoro.djvu/241

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Egli volle parlare, ma ella non gli lasciò aprir bocca.

— Ah, ti credi che io sia entrata qui stasera per altro? Sono entrata semplicemente per farti vedere che ci accorgiamo di tutto, e che nessuno può beffarsi di noi alle nostre spalle. Del resto fa quel che vuoi; sei padrone di romperti l’osso del collo, ma non è giusto che tu copra di vergogna la casa di Salvatore Brindis, la più onesta di Nuoro!...

Ella parlava con tale fierezza, con tono fra il risentito e il lamentoso, che Alessio ne restò profondamente colpito. La sua collera parve calmarsi; sentì che la cugina, quali si fossero i sentimenti che la spingevano ad operar così, aveva ragione; provò un vago disgusto, un senso di vergogna e di rimorso, ma non si diede per vinto. Disse:

— Ve la toglierò presto questa vergogna, oh, se ve la toglierò! Ma forse ve ne pentirete!

Costanza capì, con un po’ di terrore, ch’egli se ne sarebbe andato. Non ci aveva mai pensato; ed ora, calcolando rapidamente quanto danno ne avrebbero avuto, divenne più conciliante. Tuttavia il diverbio durò a lungo: Cicchedda piangeva dentro l’altra camera, e neppur le carezze di Domenico, che le passava le manine sul volto, dicendole piano: — Pecchè piangi? pecchè? — la calmarono.

Una volta aprì lievemente la porta per met-