Pagina:Il tesoro.djvu/26

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stalla, la mola e la cucina; col cavallo poi, con l’asino e le galline e i gatti era in istretta amicizia; parlava con essi a voce alta, e un continuo sorriso di beatitudine le sfiorava le labbra sottili e rossastre. Dopo due anni eseguiva coscienziosamente ogni faccenda, quasi venisse ricompensata; invece riceveva soltanto le vesti, il vitto, qualche paio di scarpe e qualche soldo nelle feste solenni; e Agada Brindis, con la sua coscienza finissima, non se ne faceva scrupolo alcuno, dicendo:

— Giacchè le ho insegnato a lavorare è giusto che lavori un po’ per conto mio. Quando si guadagnerà qualche cosa gliela daremo.

Cicchedda non pensava di chiederle nulla, e due cose sole la rattristavano; l’idea di poter un giorno o l’altro essere mandata via e un altro grosso dispiacere. Camminava saltellando e Salvatore, mettendola in caricatura per questo difetto, le soleva dire:

— Son quasi convinto che dalla cintola in giù tu abbia il corpo di rana. Quando ti sei lavata, il giorno che ti ho portata qui, mi è parso di aver veduto dal finestrino qualcosa di simile....

Ella impallidiva, si arrabbiava e soffriva convinta che Salvatore parlasse sul serio.

Uomo caustico in sommo grado, egli si divertiva delle miserie e delle piccolezze altrui, e quando un suo scherzo riusciva bene lo prolungava fino alla crudeltà. Così ogni giorno tor-