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Pagina:Il vicario di wakefield.djvu/163

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154 il vicario di wakefield.

colpa io non ne ho. Ma a voi tanto ancora rimane, da potere esser felici; e qual ch’egli sia il giudicio da voi formato di me, troverete sempre Thornhill disposto a contribuire alla vostra fortuna. Facil cosa è in breve tempo sposarla ad un altro; e quel che più importa, ella potrà conservarsi tuttavia l’amante, chè tale io giuro di rimaner sempre vêr lei.”

A tale vergognosa proposta sentii ribollire in petto tutte le passioni; perchè quantunque spesse volte pazientemente l’animo sopporti altissime ingiurie, basta a trafiggerlo in alcuni istanti una lieve villania, e quella furibondo lorende. E: “Via di qua,” gridai; “fuor de’ miei sguardi tosto, verme abbominevole; nè più insultarmi colla tua presenza. Se meco avessi il mio valoroso Giorgio, certo ch’egli non patirebbe cotanta tua ribalderia. Ma ahi me misero! io son vecchio, stroppiato e per ogni verso abbattuto.”

“Veggo,” diss’egli, “che mi forzate a parlare più duramente ch’io non avrei voluto. Ma poichè vi fu da me dimostrato quanta speranza voi potete riporre nella mia amicizia, parmi di dovervi anche avvertire di quanto vi possa riuscir dannosa la collera mia. Il mio procuratore a cui ho ceduta quella tal carta colla quale vi obbligaste al rendimento delle cento lire, minaccia di volere essere ad ogni modo pagato. Nè io saprei come impedire ch’egli vada a giustizia, se non se sborsando io que’ danari; ma ella è cosa presso che impossibile per le molte spese sponsalizie da me fatte in questi giorni. Inoltre, il mio fattore dice di non volere risparmiare triboli a chicchessia purchè egli riscuota il terratico: ed egli è uomo destro; nè io di tali brighe m’impaccio. Bramerei nondimeno d’esservi utile, sì veramente che voi in segno d’amicizia vogliate intervenire con esso la figliuola alle mie nozze, appagando con tal cortesia anche il desiderio della mia diletta Arabella Wilmot, alla quale spero che non sarà da voi data ruvidamente una repulsa.”