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Pagina:Il vicario di wakefield.djvu/171

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162 il vicario di wakefield.


Ci furono rotte le parole in bocca dai servi del carceriere venuti a far la chiamata dei prigionieri e chiuderli per la notte. Uno di essi, stringendo sotto l’ascella un fastellaccio di paglia pel mio letto, mi trasse per un angusto ed oscuro corridore in una camera lastricata come la prigione comune; ed in un angolo di quella distesa la paglia e recatemi indosso le coperte a me prestate dal compagno mio, mi adagiai. Dopo di che la mia guida cortesemente diemmi la buona notte e se n’andò. Ed io, fatta alquanta meditazione, ed inviate le mie preci a Dio che così mi puniva de’ miei falli, dormii tranquillamente fino all’alba del domani.

CAPITOLO VENTESIMOSESTO.

Riforma nella carcere. Perchè le leggi fossero perfette, dovrebbero premiare nell’istesso modo che puniscono.

Il giorno che seguì poi venni di buon mattino risvegliato dalla mia famiglia che dirottamente piangeva a’ piè del mio letto; e tanto d’orrore mandava ogni oggetto che mi stava dintorno, che l’animo di lei n’era altamente sgominato. Però dolcemente rimproverai l’ambascia dei carissimi, affermando che mai i miei sonni erano stati più tranquilli: poi chiesi conto della Livia che non era in lor compagnia; e mi fu detto che i travagli e le fatiche della vigilia avevano fatta crescere alla meschina la febbre, sicchè la misera non era in istato d’uscire. Ciò udito, inviai prima d’ogni altra cosa mio figliuolo in cerca d’una o due camere, le più vicine che si potesse alla prigione per albergarvi i miei. Egli obbedì; ma a buon mercato non ne rinvenne che una sola per la madre e le sorelle. Laonde l’umano carceriere si contentò che Moisè e i due bambini dormissero in prigione vicino a me. Fu quindi preparato