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Pagina:Il vicario di wakefield.djvu/206

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capitolo trentesimo. 197


Fu chiamato innanzi il carceriere a cui il signor Guglielmo disse: “Mi conosci tu?” Rispose colui che pur troppo sapeva essere il signor Guglielmo Thornhill, e che tutti avrebber tolto volentieri d’aver l’onore di conoscere da vicino un sì compito cavaliere. “Or via,” soggiunse il baronetto, “vorrei che tu permettessi a quest’uomo d’andarne con due de’ tuoi fanti per una mia commissione: ed essendo io l’uno de’ giudici di pace, mallevadore mi ti fo d’ogni cosa.”

Acconsentì di buon grado l’altro, dicendo bastare un cenno di personaggio sì illustre per poterli mandare ovunque a lui piacesse. Fu quindi inviato Jenkinson in cerca di Timoteo Baxter: e intanto stemmo tutti ridenti a guardare la festoccia del mio piccolo ragazzo Guglielmino che inerpicandosi sulle spalle del baronetto, tendeva avidamente il collo per baciarlo. Voleva la povera madre punirne la troppa dimestichezza: ma il buon uomo ne la distolse; e raccogliendo allegro sulle ginocchia quel tutto stracci, “Guglielmino mio,” gli disse, “ti ricordi tu, bricconcello carnacciuto, del tuo vecchio amico Burchell? E dove se’ tu, Ricciardetto? Oh! eccolo il mio caro veterano. Non crediate già ch’io mi sia scordato di voi.”

Nello stesso tempo diede a ciascheduno un bel frusto di confortino, che i poveretti digiuni fino dalla mattina, biascicarono avidamente, come cosa che loro andava propio a stomaco.

Sedemmo poscia a mensa: e quasi fredde s’erano fatte le vivande per lo indugiare. Ma prima di tutto vedendomi tuttavia tormentato dalla scottatura, il signor Guglielmo, come quegli ch’era alquanto saputo in medicina della quale aveva fatto lo studio per passatempo, scrisse per me una ricetta. E mandata quella allo speziale, mi fu portato l’empiastro con cui medicai la mia spalla; e quasi nello stesso istante sentii alleviato lo spasimo. Anche il carceriere ci servì di coppa e di coltello al pranzo, desideroso essendo di onorare più che per lui si potesse il