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210 | il vicario di wakefield. |
cui egli ha contaminate le loro famiglie! Strana cosa non mi parrebbe se alcuno di que’ miseri.... O maraviglia! Oh che veggo io! La mia perduta figliuola! Lei stringo io al mio seno! Viscere mie, ben mio! io ti credeva perduta, o Olivia: eppure di bel nuovo ti abbraccio; e tu vivi ancora per far me felice.”
Le più violenti commozioni, l’eccesso della gioia nel più appassionato amante non giungerebbero a tale da superare la piena dell’anima mia nel momento ch’io vidi entrare la mia figliuola e me la serrai al petto.
Ella non parlava; eppure quel silenzio diceva da quale tumulto d’affetti le fosse il cuore sbattuto. “Oh sei tu dunque a me tornata, fanciulla mia, per consolare i cadenti anni miei!”
“Ella è dessa,” disse Jenkinson, “ella è pur dessa; e stimarla sommamente tu devi, perocchè la è tuttavia l’onorata tua figliuola, donna onesta quant’altra mai qui si ritrovi; nè se l’abbia a male veruna di codeste femmine. E in quanto a lei, signore scudiero, com’egli è certo che ella m’ode e mi vede, questa donna è a lei legittima, verissima sposa. E per convincerla ch’io parlo da senno senza pure ombra di menzogna, eccole la licenza per cui vossignoria contrasse con codesta donna matrimonio conforme agli ordini della legge.”
Così dicendo, consegnò al baronetto lo scritto. Quegli lo lesse, e trovollo regolare punto per punto. “Signori miei,” continuò l’altro, veggo che tutti voi stupefatti di ciò rimanete; ma poche parole fanno d’uopo per appianare ogni cosa. Questo rinomato scudiero di cui io sono grande amico, e ciò sia detto a quattr’occhi, spesse volte giovossi dell’opera mia in alcuni suoi mali garbugli. Fra le altre mariolerie, mi commise che io gli procurassi una licenza falsa e un falso prete affine di abbindolare codesta giovane donna. Ma essendo io amico di lui sincerissimo, che fec’io allora? gli procacciai una licenza vera e un vero prete, che diede loro la stretta da