Pagina:Iliade (Monti).djvu/360

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v.866 libro decimoterzo 27

L’abbandonò la vita, ed un orrendo
Perpetuo buio gli coprì le luci.
   In questa guisa ardea la pugna, e ancora
Il diletto di Giove alto guerriero
Ettore intesa non avea la strage870
Che di sue genti segue alla sinistra
Della battaglia, e che omai piega il volo
La vittoria agli Achei; tale è l’impulso,
Tale il nerbo e l’ardir di che furtivo
Li soccorre Nettunno. A quella parte875
Stavasi Ettorre, ov’egli avea da prima
Le porte a forza superato e il muro,
E rotte degli Achei le dense file.
Ivi d’Aiace e di Protesilao
Coronavan le navi al secco il lido;880
E perchè da quel lato era più basso
Edificato il muro, ivi più forte
De’ cavalli e de’ fanti era la pugna.
Ftii, Beozi, Locresi, e colle lunghe
Lor tuniche gl’Ionii e i chiari Epei885
Ivi eran tutti, e tutti a tener lungi
Dalle navi d’Ettorre la rovina
Opravano le mani; e tanti insieme
A rintuzzar dell’infiammato eroe
Non bastano la furia. Il fior d’Atene890
Stassi alle prime file, ed il Petíde
Menestéo li conduce, aiutatori
Stichio, Fida e Bïante. È degli Epei
Duce Megete e Dracio ed Amfïone;
De’ Ftii Medonte e il pugnator Podarce,895
Podarce nato del Filácio Ifíclo,
Medonte d’Oiléo bastarda prole
E d’Aiace fratel, che dal paterno
Suolo esulando in Fílace abitava,