Pagina:Iliade (Monti).djvu/647

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314 iliade v.693

Pur datti pace, nè voler ch’eterno
Ti consumi il dolor. Nullo è il profitto
Del piangere il tuo figlio, e pria che in vita695
Richiamarlo, ti resta altro soffrire.
   Deh non far ch’io mi segga, almo guerriero,
L’antico sire ripigliò: là dentro
Senza onor di sepolcro il mio diletto
Ettore giace: rendilo al mio sguardo;700
Rendilo prontamente, e i molti doni
Che ti rechiamo, accetta, e ne fruisci,
E diati il ciel di salvo ritornarti
Al tuo loco natío, poichè pietoso
E la vita mi lasci e i rai del Sole.705
   Non m’irritar co’ tuoi rifiuti, o veglio,
Bieco Achille riprese. Io stesso avea
Statuito nel cor, che alfin renduto
Ti fosse il figlio, perocchè la diva
Nerëide mia madre a me di Giove710
Già fe’ chiaro il voler. Nè si nasconde
Al mio vedere, al mio sentir, che un nume
Ti fu scorta alle navi a cui veruno
Mortal non fôra d’inoltrarsi ardito,
Nè le guardie ingannar, nè delle porte715
Avría le sbarre disserrar potuto
Neppur di tutto il suo vigor nel fiore.
Con querimonie adunque il mio corruccio
Non rinfrescarmi, se non vuoi ti metta,
Benchè supplice mio, fuor della tenda,720
E del Tonante trasgredisca il cenno.
   Tremonne il vecchio, ed obbedì. Balzossi
Fuor della tenda allor come lïone
Il Pelíde con esso i due scudieri
Automedonte ed Alcimo, cui, dopo725
Il morto amico, tra’ compagni egli ebbe