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88 ILIADE 320-349

320Ma, cosí pure, starò fra i miei cavalieri, e conforti
da me, consigli avranno: ché cómpito è questo dei vecchi;
e vibreranno intanto le lancie i piú giovani, tanto
piú vigorosi di me, che salda han la possa del braccio».
     Cosí disse. L’Atríde trascorse, col giubilo in cuore.
325E Menestèo trovò, di Petio figliuol, di cavalli
maestro; e intorno a lui, d’Atene i sagaci guerrieri.
E stava Ulisse a questi vicino, l’eroe tanto scaltro.
Dei Cefallèni attorno, non fiacche gli stavan le schiere;
ma non volgevano ancora la mente al clamore di guerra,
330perché Troiani e Achivi lanciati allo scontro di guerra
s’erano adesso adesso. Sostavano dunque, attendendo
che degli Achei qualche altra falange movesse all’attacco,
contro i Troiani, e avesse principio cosí la battaglia.
Li vide; e, volto ad essi, l’Atríde signore di genti,
335questa rampogna rivolse, parlando veloci parole:
«O tu, figlio di Pètio, signore nutrito dai Numi,
e tu, sperto di tutti gl’inganni, scaltrissima mente,
perché state in disparte, nascosti, ad attendere gli altri?
Anzi, voi due dovreste ben saldi fra i primi trovarvi,
340ed affrontare primi la fiamma di guerra: ché primi
anche solete udire l’invito ch’io faccio al banchetto,
quando offrono un convito le genti d’Acaia ai primati.
Le carni arrosto allora gustare vi piace, e le tazze
vuotar, sin che c’è voglia, di vino piú dolce del miele!».
     345Ulisse lo guardò biecamente, e cosí gli rispose:
«Quali parole, Atríde, t’uscîr dalla chiostra dei denti?
Come puoi dire ch’io schivi la guerra? Fa’ tu che gli Atrídi
sui cavalieri troiani si lancin con l’urlo di guerra,
e tu vedrai, se voglia n’hai tu, se vederlo ti preme,