Pagina:Iliade (Romagnoli) I.djvu/15

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xvi prefazione

cretesi, preelleniche1, preitaliche, si mescolano, s’incastrano in un groviglio inestricabile. Polveri di tribù volano da isola ad isola, portando il loro dialetto e il loro dio. Si guerreggia, si pirateggia, si traffica, con un’agitazione e un rimescolio continui. Dei capi, accompagnati da qualche fedele, si impadroniscono delle città costiere, vuoi con l’astuzia, vuoi con la forza. Alcuni, pii, fondano templi: giungono altri, e li mettono a sacco. Alcuni, dopo lunghi e vani vagabondaggi, sono infine accolti in una città poco prospera, che cerca abitanti e capi. E poi, ricerche di nuove terre da sfruttare e da saccheggiare, miraggi di guadagni, leciti o illeciti, e sfoghi di ambizioni personali, e vendette da esercitare o da fuggire: tutte le speranze, tutti gl’impulsi guidano questi giri e rigiri incessanti, questo turbinar di cicogne pel cielo. E non si dimentichi la volontà dei sacerdoti, fattore invisibile e pur capitale, che in molti casi ispira coordina e dirige questi movimenti in apparenza anarchici e senza scopo».

E in questo pulviscolo, in questa nebulosa, vediamo a mano a mano solidificarsi alcuni nuclei: per esempio, Carî, Lèlegi, Lici, Fenici. Emergono dalla tradizione come egèmoni del mare, eliminano a mano a mano dall’Egeo, o riducono a soggezione tutte le flottiglie che un tempo avevano mosso contro l’Egitto, e foggiano un proprio tipo di civiltà, che lentamente si sostituisce al tipo cretese.

La concorde tradizione dell’antichità ci presenta i Fenici come i suoi principali fucinatori, diffusi e operanti in tutto il

  1. Appartenenti all’altro gruppo dei Popoli del mare, agli Achei che scendono in Grecia dall’Ovest. Ne parliamo in séguito. Arrivano al mare più tardi: ed è da supporre che in questo momento le loro forze fossero abbastanza esigue.